Se il contagio da Coronavirus sembra procedere con minore velocità di propagazione e aggressività nel Centro-Sud rispetto al Nord Italia, una regione fa eccezione. Ed è tra quelle a più bassa densità di popolazione. Con 232 morti, su una popolazione di 1,3 milioni di abitanti, l’Abruzzo si colloca tra le regioni dove il Coronavirus ha mietuto proporzionalmente più vittime. Malgrado il numero dei contagi sia rimasto tutto sommato contenuto – 2245 quelli attuali (esclusi morti e guariti) – il tasso di mortalità tra le persone malate di Covid-19 supera il 10%.

PER AVERE UN TERMINE di paragone, si pensi a regioni come la Sicilia: 5 milioni di abitanti, 175 morti. Oppure la Sardegna, simile come tipologia all’Abruzzo, con zone impervie e selvagge, piccoli paesi isolati e poche grandi città: 80 morti, 1138 contagi conclamati su una popolazione di circa 1,6 milioni di abitanti. Ma addirittura l’Abruzzo supera in questa triste classifica pure il Lazio (300 deceduti, 5111 contagi) e la Campania (260 morti, 3769 casi appurati), entrambe con poco meno di 6 milioni di abitanti ciascuna.

I TEST ESEGUITI dall’inizio dell’epidemia sono stati circa 21 mila su tutto il territorio abruzzese, con una maggiore concentrazione nelle province di Pescara (dove si è arrivati a 111 morti), Teramo (59 deceduti) e Chieti (55), perché è sul litorale soprattutto che si sono sviluppati i primi e più insistenti focolai, importati dalle regioni del Nord Italia. Sono queste, d’altronde, le zone con una più alta densità di popolazione. Circa il 9,6% dei campioni è risultato positivo, un dato che è rimasto invariato anche negli ultimi giorni. La curva dei contagi, che inizialmente si è mantenuta piuttosto bassa, ha registrato un’impennata dal 20 marzo in poi, malgrado il lockdown totale e in particolare la chiusura della fabbrica che destava maggiore preoccupazione, la Sevel del gruppo Fiat nella Val di Sangro, con circa 6 mila operai.

Così, nella regione si sta lavorando per intensificare la tracciatura dei contagi e la Asl di Pescara avrebbe quasi messo a punto un macchinario capace di eseguire le procedure di laboratorio di 2400 tamponi al giorno.

Ma se si cerca una spiegazione al così alto numero di morti, si fatica a trovare risposte, sia pure ipotetiche. «Credo che uno dei problemi sia stato, come in tutta Italia, il contagio negli ospedali – risponde il consigliere del M5S, Francesco Taglieri, presidente della commissione regionale Sanità – che hanno assoluto bisogno di una riorganizzazione dei percorsi, per separare zone “sporche” e “pulite”».

MA, SE COSÌ SI SPIEGANO i contagi, i motivi dell’alta mortalità vanno invece forse ricercati nella carenza di strutture territoriali e nelle falle del sistema sanitario regionale. L’Abruzzo si sa, è noto per il costante depauperamento della sanità pubblica a beneficio di quella privata. Basti ricordare i vari scandali che dalla Sanitopoli dell’era Del Turco in poi hanno investito molti amministratori regionali. Nell’ultima ristrutturazione targata D’Alfonso, per effetto della legge Lorenzin la rete ospedaliera ha subito tagli pesantissimi e l’ultima sforbiciata è arrivata a fine anno scorso con 78 milioni di euro in meno. Attualmente i posti in rianimazione (potenziati per il Covid) sono 109 su tutta la regione, ma stranamente solo 52 sono occupati (20 a Pescara, 10 a Chieti, 9 a Teramo e 13 a L’Aquila dove i morti sono stati in tutto 7). E nel picco massimo hanno ospitato 76 malati.

E ALLORA, PERCHÉ quell’accordo tra il governatore Marsilio con la sua giunta FdI-Lega e le cliniche private, denunciato dalle opposizioni? L’ordinanza numero 28 dell’8 aprile prevede che l’Ausl competente «dovrà anticipare a titolo di acconto alla struttura» privata «l’80% del tetto di spesa mensile autorizzato per il 2020 per le attività di ricovero». Ai privati un posto in terapia intensiva sarà pagato 1100 euro al giorno, 250 euro i posti letto ordinari e 700 euro/die quelli in terapia sub-intensiva. «Coinvolgere nella gestione dell’emergenza le strutture private non era affatto necessario in Abruzzo – è la posizione di Taglieri e del M5S – e anzi andava fatto esattamente il contrario: rafforzare il sistema pubblico e riaprire quelle strutture che negli anni sono state tagliate».