Parola d’ordine è «No Ombrina». E oggi a Lanciano (Ch) saranno in migliaia – diverse decine di migliaia, promettono gli organizzatori – a scendere in strada, da tutta Italia, contro la realizzazione della piattaforma petrolifera «Ombrina Mare», a cui la Commissione Via nazionale ha già dato il proprio assenso, in barba alle oltre 5.500 osservazioni arrivate sui tavoli romani da ogni parte della regione, istituzioni comprese.
L’impianto, contestatissimo, dovrebbe sorgere a 6 chilometri dalle spiagge di San Vito Chietino, a distruggere e ad inquinare, per mano della Rockhopper, uno degli angoli più belli della Costa dei Trabocchi con quattro o sei pozzi di petrolio a un palmo dalla riva e l’installazione di una nave desolforante di tipo FPSO, con una ciminiera e una fiamma che emetterà veleni (vedi idrogeno solforato) nell’aria continuativamente. Da salvare scenari dannunziani, tutelati da sempre e che dovrebbero confluire in un nascituro Parco nazionale. Da salvare le centinaia di ettari di vigneti di Montepulciano, Cococciola, Trebbiano e Passerina. Da salvare un litorale dalle caratteristiche uniche, punteggiato da riserve naturalistiche e siti di interesse comunitario (Sic). Da salvare quel poco che resta della piccola pesca. Da salvare l’economia legata al turismo, che sta timidamente cercando di emergere, richiamando investitori anche dall’estero. Da salvare, in generale, l’Adriatico, «un mare chiuso, dai fondali bassi – spiega Tommaso Giambuzzi, ingegnere, esperto del settore – che ha un ricambio di acque ogni 80 anni. Un incidente, seppur piccolo sarebbe la fine».

Uno scempio che si vuole evitare con una mobilitazione straordinaria, che tra l’altro non si fermerà. «Combatteremo per anni, nella pubblica via, nelle piazze, e nei tribunali per bloccare Ombrina e, in generale, la deriva petrolifera in Abruzzo»: è questo il pensiero comune. Perché Ombrina è in realtà il simbolo della rivolta di un territorio contro le trivelle. Che le compagnie dell’oro nero, quasi tutte straniere, complice il governo, stanno cercando di piantare in ogni frazione di mare libero. Ma i cittadini sono contrari e lo stanno da tempo dimostrando. Nel 2013 in 40 mila giunsero a Pescara per dire «No Ombrina». E per oggi è atteso il bis. Alla manifestazione, promossa da un comitato composto da movimenti, associazioni, centri sociali e sindacati, hanno confermato la propria adesione gruppi da ogni parte dello Stivale: gente che lotta, contro le mafie, contro gli ecomostri, nella Terra dei fuochi, nella Basilicata sfruttata e impoverita dai signori del greggio, tra le montagne dei «No tav».
Ma quali sono le ragioni di una opposizione così netta? «Il petrolio d’Abruzzo – spiega la ricercatrice Maria Rita D’orsogna – sia in terra che in mare è poco e non cambierà una nota nello scenario energetico del Belpaese. Il petrolio estratto da Ombrina – da stime 20/40 milioni di barili complessivi – nell’arco di 24 anni basterà, in totale, a soddisfare fra le due e le 4 settimane di fabbisogno nazionale. Il petrolio che si trova da queste parti è molto scadente: ovviamente, peggiore è la qualità maggiore sono gli impatti sull’ambiente. Considerati i gravi rischi esistenti in questo campo, gli Stati Usa che si affacciano lungo il Pacifico e l’Atlantico hanno vietato tutte le attività petrolifere off shore da 30 anni. La fascia di rispetto è di 160 chilometri da riva, in Florida addirittura 200. Ma il vero nocciolo della questione è che in una vera democrazia, la volontà popolare dovrebbe essere sacrosanta e la classe politica dovr