Non capita spesso di veder firmare un appello da enti pubblici regionali e comunali, associazioni ambientaliste e comitati locali. È successo un paio di settimane fa a Pescara dove la Regione Abruzzo, la Provincia dell’Aquila, le Amministrazioni comunali della Valle Peligna, Wwf Legambiente, ProNatura e il Comitato Cittadini per l’Ambiente di Sulmona hanno sottoscritto un documento congiunto contro l’attuale progetto del gasdotto Snam Massafra-Minerbio.

L’opera è da sempre contestata perché presenta fortissime criticità, sotto molteplici profili: sicurezza, impatto ambientale, salute dei residenti ed economia del territorio.

I firmatari chiedono al Presidente del Consiglio Conte, al Ministro dell’ambiente Costa e a quello dello Sviluppo economico Di Maio, di riaprire la discussione sul contestato progetto dell’impianto della Snam, lungo complessivamente 687 chilometri, che va ad insistere – soprattutto nel tratto compreso tra Sulmona e Foligno – nell’area a più alto rischio sismico dell’Appennino, dove è prevista (a Case Pente di Sulmona) anche la realizzazione di una centrale di compressione a spinta. Un’opera che, a dispetto del nome “Rete Adriatica”, sta diventando a tutti gli effetti una Rete Appenninica visto che dovrebbe smembrare zone di particolare interesse naturalistico lungo la catena montuosa del centro Italia con aree naturali protette di valenza regionale, nazionale ed europea.
Il passaggio centrale del documento contiene la richiesta di una procedura di valutazione ambientale strategica che riguardi l’intera infrastruttura, e non i singoli tratti o parti di essa, evitando così lo “spezzatino” della procedura amministrativa opportunisticamente seguita fino ad ora (modalità giudicata non ammissibile anche dalla Corte di Giustizia europea).

Fin da quando è partito l’iter progettuale, la Regione Abruzzo, gli enti locali, le associazioni ambientaliste e del territorio, hanno chiesto alla SNAM una modifica al tracciato, fornendo anche ipotesi alternative: tutti tentativi condotti attraverso manifestazioni (la principale a Sulmona ha visto la partecipazione di circa 10.000 persone), ricorsi alla magistratura e documenti approvati dalla Commissione Ambiente della Camera dei deputati, dal Consiglio regionale e da numerosi Comuni, che però finora non sono riusciti a bloccare il progetto, che all’inizio del 2018 ha ottenuto il via libera dal Governo Gentiloni ormai a fine mandato.
Al nuovo Governo, composto da forze politiche che quando erano all’opposizione si sono battute contro l’opera, si chiede anche di “voler riconsiderare la pesatura dei criteri tipicamente utilizzati per dichiarare la pubblica utilità di opere come questa, soprattutto in ordine alla definizione del rapporto costi-benefici, al fine di evitare probabili fenomeni di sbilanciamento, con la socializzazione dei costi e la privatizzazione dei profitti”, inoltre si sottolinea l’importanza che il governo centrale ristabilisca con le autonomie locali rapporti di leale collaborazione istituzionale, superando la fase della contrapposizione che ha sovente costretto le rappresentanze delle pubbliche istituzioni locali e territoriali allo strumento del ricorso amministrativo (che nel caso specifico andrà in discussione il prossimo gennaio).
Contestata anche la strategicità del gasdotto: da quando è partita la progettazione nel 2005 la situazione energetica in Italia si è ampiamente modificata, tanto che oggi il nostro Paese ha gas a sufficienza sia in termini di rete che di consumi. Senza considerare che sarebbe anche ora che si iniziassero a fare quelle scelte di superamento delle fonti fossili di cui tanto si parla, ma che poi nei fatti sembra sempre che possano aspettare…

Vicepresidente nazionale Wwf Italia