Dalla loggia dei templari, con un misterioso elenco su cui indaga la magistratura e nel quale figura il nome di Luciano D’Alfonso, ai veleni delle megadiscariche di Bussi sul Tirino (Pe) agli scandali dei mesi scorsi: c’è di tutto nella campagna elettorale per il rinnovo del governo regionale dell’Abruzzo.

Sono quattro i candidati presidenti, 14 le liste per 406 aspiranti consiglieri e 29 posti da assegnare. C’è il presidente uscente, Gianni Chiodi, di Forza Italia, con la sua coalizione di centrodestra, che corre prima di tutto contro le statistiche. Che da queste parti dicono: nessun governatore è mai stato riconfermato. Per lui la lotta è anche contro l’aria che tira nel Bel Paese in cui Matteo Renzi e Beppe Grillo, almeno secondo i sondaggi, hanno il massimo dei consensi, mentre Silvio Berlusconi, dietro, s’affanna e s’angustia.
Poi c’è l’inchiesta «Rimborsopoli» che lo coinvolge e che lo ha travolto insieme a parte della giunta e dei consiglieri di maggioranza. Sono 25 gli inquisiti (compresi alcuni rappresentanti del centrosinistra), tra cui il coordinatore regionale di Fi, Nazario Pagano, e le accuse, da parte della Procura di Pescara, sono per indebiti rimborsi istituzionali: per viaggi, consumazioni, alberghi a 5 stelle vissuti anche in dolce compagnia. Un diffuso malcostume, insomma. Chiodi sta cercando di riguadagnare terreno, facendo leva, ad esempio, sull’abbassamento delle tasse e il fatto di aver risanato i conti della sanità, sulla scia della montiana austerity. Ma a quale prezzo? Ospedali chiusi, smembrati, disfatti, assistenza peggiorata, disgregata, servizi di tutti i generi tagliati. A farne le spese soprattutto le zone interne.

Il suo diretto sfidante è Luciano D’Alfonso, dato per favorito e che guida ufficialmente il centrosinistra, anche se, nelle liste, ha infilato una sessantina di esponenti del centrodestra. «Campagna acquisti», così è stata definita ed è stata aspramente criticata, ma lui ha tirato dritto. «Perché – sussurrano da più parti – vuole essere autonomo rispetto a una coalizione che gli sta stretta». Con Idv, Sel e Comunisti italiani insoddisfatti anche della sua candidatura, ritenuta inopportuna, considerata la sua storia giudiziaria. «Processi in corso, da iniziare o in appello – è la critica -, e legami con poteri imprenditoriali fortissimi che gli hanno causato ’intoppi’ con la magistratura».

Il più caustico nei suoi confronti è stato ed è il consigliere regionale uscente Maurizio Acerbo, del Prc, che, causa guai giudiziari di D’Alfonso, ha rinunciato all’alleanza col centrosinistra. Alle elezioni si presenta da solo (Rifondazione-Sinistra europea), contro lo sbarramento del 4 per cento. «D’Alfonso è un personaggio che nulla ha a che fare con la rottamazione renziana – attacca Acerbo -. Mai avuto l’intenzione di sostenere questo centrosinistro (la o finale non è un errore ortografico): le relazioni di D’Alfonso con le imprese sono più preoccupanti di quelle di Pagano e Chiodi con le amanti. C’è un malessere diffuso rispetto a un Pd che in questa regione ha collezionato, negli ultimi anni, più inchieste della camorra in Campania. E’ vero che le responsabilità penali sono personali e vanno accertate in sede giudiziaria, ma è invece collettiva la responsabilità politica del centrosinistra abruzzese per la sua indifferenza verso la questione morale, con cui non riesce a fare i conti. Il cambiamento in Abruzzo – prosegue Acerbo – non può certo essere rappresentato da D’Alfonso e dal caravanserraglio che ha aggregato, pieno di transfughi del centrodestra e di ras clientelari che hanno lasciato in eredità centinaia di milioni di debiti nelle società dell’acqua». Acerbo, dal canto proprio, conta di capitalizzare pure la forza della lista Tsipras alle europee e i voti dei movimenti ambientalisti e di quelli che in genere disertano le urne, e per questo avrebbe candidato Davide Rosci, agli arresti domiciliari per i disordini di Roma dell’ottobre 2011 ma con la fedina penale immacolata.

Infine i 5 Stelle, che riescono a riempire le piazze ai comizi e che hanno fatto scendere in campo Sara Marcozzi. Anche per lei qualche mugugno. «Nessuna esperienza in politica e si sente – dichiarano le malelingue -. Fa parte della Chieti bene, ha votato Chiodi alle scorse elezioni e ha fatto praticantato nello studio di Giovanni Legnini, attuale sottosegretario all’Economia. Che ha di… grillino?».