Abito a un chilometro e mezzo da quelle case: ho sentito un boato immenso, poi un crescendo, come il rumore del motore di un jet, impressionante». Così Michele Giorgione, che vive su un piccolo colle della provincia di Teramo a poca distanza dal luogo dove, ieri, sul presto, è esploso il metanodotto della Snam. Lo scoppio dopo le prime luci del giorno, a Mutignano, frazione del comune di Pineto (Te). «All’inizio credevamo fosse un tuono. Poi ci è sembrato di sentire tre esplosioni – aggiunge un ragazzo -, quindi le fiamme, altissime». Impressionanti, dopo il boato, che ha svegliato tutta la costa. Lingue rosse visibili a chilometri di distanza, alte 20 metri. La deflagrazione ha devastato diverse abitazioni e ha causato otto feriti, tra cui anche bimbi.

Anna Calandra è distesa sul lettino del pronto soccorso dell’ospedale di Atri (Teramo), le sue condizioni sono discrete, ma è sotto choc. Respiro affannato, dice: «Uno scoppio, poi porte e finestre sono state spalancate violentemente, all’improvviso, da quello che per me era un tornado, un uragano. Ho pensato al maltempo, che imperversava da un po’, ma all’improvviso, nella stanza, tutto è diventato giallo, poi il fuoco, ovunque».

Erano da poco passate le 7 e sembra che a provocare l’incidente, devastante e che avrebbe potuto fare diverse vittime, sia stato lo smottamento del terreno, dovuto, ma non solo, alle abbondanti piogge delle scorse ore. C’è stato il cedimento di un traliccio dell’alta tensione, con i cavi che, per la tempesta, si sono sfilacciati e si sono avvicinati pericolosamente alla rete metanifera dove probabilmente c’era una falla. Quindi l’esplosione, quando i fili elettrici sono entrati in contatto con il gas, e il rogo. Che, a mano a mano, si è avvicinato alle tre abitazioni che insistono nella zona.

Poteva essere la tragedia se la bufera di vento che si è levata nei minuti a seguire non avesse spostato le fiamme verso valle, evitando di investire direttamente le costruzioni che comunque, in parte, sono bruciate. Semidistrutte, sono state dichiarate inagibili e sgomberate. Sul posto forze dell’ordine, tecnici e vigili del fuoco. «Che – spiega il sindaco di Pineto, Robert Verrocchio – sono riusciti a spegnere presto le fiamme». La Snam, «con l’ausilio del telecontrollo» – come puntualizza in una nota – ha «chiuso a distanza il tratto di condotta interessato», sventrato per circa 10 metri, e «messo in sicurezza in breve tempo l’infrastruttura, interrompendo la fuoriuscita di gas». In undici – la famiglia Ferretti – sono riusciti a mettersi in salvo: alcuni di loro si sono allontanati dall’inferno con le proprie automobili. La maggior parte essi ha riportato ustioni, per le quali sono finiti in ospedale. «Ho afferrato i bambini, – riprende Anna Calandra – sono scappata dalla finestra sul retro, non mi ero resa conto che si trattasse del gas. Mia figlia ha chiamato il 118 e poi sono arrivati i soccorsi».

Sull’accaduto, su cui c’è un’inchiesta della magistratura, si è scatenato il putiferio, con gli ambientalisti in prima linea a difesa di un territorio teatro di scempi a raffica e su cui si stanno consumando progetti sempre più impattanti e disastrosi. «Nessuna sfortuna ma effetto domino – dice il Forum Abruzzese dei Movimenti per l’Acqua – È proprio lo scenario che da mesi denunciamo, senza essere ascoltati, per le nuove opere che vogliono realizzare in Abruzzo. Ed è paradigmatico, ad esempio, il caso dell’elettrodotto Villanova-Gissi, a cui la popolazione si sta fermamente opponendo, e dello stoccaggio gas di San Martino sulla Marrucina , in provincia di Chieti, dove si dovrebbero stoccare 157 milioni di metri cubi di gas. Due imponenti opere inutili che vogliono realizzare in aree a fortissimo rischio idrogeologico e sismico, senza che il ministero dell’Ambiente – che ha dato il via libera senza remore né controlli adeguati – abbia valutato la loro interazione, nonostante siano vicino alle abitazioni e in zone con pericolo frane e allagamenti. E meno male che lo stoccaggio – gas è classificato come impianto a rischio d’incidente rilevante».

«L’effetto domino – conclude il Forum Movimenti per l’Acqua – è uno dei motivi di ricorso al Tar contro lo stoccaggio. Ora serve una moratoria immediata rispetto a mega-opere inutili per questa regione. Inoltre bisogna puntare a mettere in sicurezza e a gestire correttamente i rischi di quelle esistenti».