Soldi sporchi dall’Abruzzo per finanziare gruppi terroristici in Siria. Ieri mattina i carabinieri hanno arrestato dieci persone per reati tributari con finalità di terrorismo. L’indagine, nata nel 2015, ha portato anche all’iscrizione nel registro degli indagati di altre diciassette persone. A finire nei guai, oltre a due commercialisti italiani, anche l’imam della moschea Dar Assalam di Martinsicuro, centro nevralgico della comunità musulmana che vive a cavallo tra le Marche e l’Abruzzo. 

Secondo gli investigatori della procura antiterrorismo di L’Aquila, i fondi neri creati in Abruzzo tramite semplici operazioni di evasione fiscale venivano trasferiti in Turchia e da lì partivano nuovamente per finanziare il trasferimento verso la Siria di miliziani di Al-Nusra. Un’altra parte dei soldi, invece, restava in Italia, a finanziare le attività di altri imam. In totale, è stata posta sotto sequestro una somme e immobili per un valore pari a un milione di euro.

Nei fascicoli investigativi sono finite anche tante intercettazioni in cui gli arrestati commentavano gli attentati di matrice islamica compiuti in Europa. 

«Che botta però a Parigi – si legge in uno dei faldoni -, ho la mia opinione, ma me la tengo stretta nel cuore…». E ancora: «Non è questione di credere o non credere, se ti è piaciuta o non ti è piaciuta… Con loro che uccidono i nostri figli, noi uccidiamo i loro figli. Con loro che uccidono le nostre donne, noi uccidiamo le loro donne». 

L’affiliazione diretta a organizzazione terroristiche organizzate, tuttavia, appare incerta. In un’altra intercettazione, infatti, due degli arrestati discutono sul da farsi, valutando e soppesando diverse ipotesi: «In Siria ci sono vari gruppi e non bisogna unirsi a quello sbagliato. I migliori sono Al-Nusra e Fateh Al Islam, che sono appoggiati da Qatar e Arabia Saudita. Ci sono altri gruppi che non si sanno comportare, Al-Nusra invece è l’esercito dell’Islam, è un’organizzazione buona».

Il personaggio chiave dell’indagine «Zir» coordinata dalla procura di L’Aquila con l’ausilio dei carabinieri del Ros e della guardia di finanza, sarebbe un uomo di origine tunisina che lavora in Italia da anni nel commercio di tappeti e nell’edilizia. Lui, secondo gli inquirenti, sarebbe la persona che aveva maggiori legami con il terrorismo in Turchia e in Siria.