«È necessario che le promesse recuperino valore nella politica argentina. Le mie promesse sono espressione delle mie più forti convinzioni, quelle che mi guidano sempre. Quando sono stato eletto presidente ho preso un impegno con voi e oggi sono qui per mantenerlo».

Con queste parole ieri il presidente peronista Alberto Fernández ha annunciato di aver inviato nel tardo pomeriggio al Congresso il disegno di legge per la legalizzazione dell’aborto, un passo storico per il Paese e un’importantissima vittoria per i movimenti femministi che da anni mobilitano la società argentina.

IL PROGETTO DEPENALIZZA e legalizza l’aborto: le donne avranno il diritto di poter interrompere la gravidanza sino alla quattordicesima settimana di gestazione.

Insieme al disegno di legalizzazione dell’aborto è stato inviato al Congresso anche il «Progetto dei 1000 giorni» che riguarda la cura e la salute delle donne in difficoltà durante la gravidanza e dei primi tre anni di vita dei bambini.

La speranza dei movimenti per la Campagna nazionale per il diritto all’aborto legale, sicuro e gratuito – una coalizione di organizzazioni non-governative – è che il Congresso proceda rapidamente con l’approvazione del disegno di legge, che lo scorso anno è stato presentato senza successo per l’ottava volta.

AD ACCOGLIERE il messaggio del presidente una marea verde: per due giorni le strade di Buenos Aires sono state invase da migliaia di manifestanti al grido di «Aborto legal ya» .

Hanno sfilato nelle piazze della capitale brandendo il pañuelo verde, simbolo della campagna, formando una carovana nel rispetto del distanziamento sociale per le normative legate all’emergenza Covid-19.

Attualmente in Argentina l’aborto è regolamentato dall’articolo 86 del Codice penale risalente al 1921, secondo cui l’interruzione della gravidanza è legale solo in caso di stupro o se la salute della donna è messa in pericolo.

In tutti gli altri casi l’aborto è proibito e le donne che lo praticano possono essere condannate a quattro anni di prigione, mentre sono previsti 15 anni di carcere per chi realizza un aborto senza il consenso della donna e ne provoca la morte.

La legalizzazione dell’aborto è un tema che da anni divide la nazione ed è stato terreno di scontro durante la campagna elettorale che si è conclusa nell’ottobre del 2019 con la vittoria dei peronisti.

L’IMPEGNO del presidente Fernández e l’invio al Congresso del disegno di legge rappresentano una svolta rispetto al governo precedente presieduto da Mauricio Macri.

Nel marzo 2019 il caso di una bambina di undici anni, costretta a partorire dopo essere stata stuprata dal compagno della nonna, aveva scosso la nazione intera. La bambina aveva il diritto di abortire, ma nonostante ciò, i medicini della provincia di Tucumán le hanno iniettato farmaci per velocizzare la crescita del feto.

DAL 2012 A OGGI sono stati registrati 73 casi di incriminazioni di donne per aborto, nella maggior parte dei casi si trattava di donne appartenenti a fasce povere della popolazione che avevano meno di 30 anni e altri figli.

Come hanno spiegato le rappresentanti della Campagna per la legalizzazione dell’aborto: «Il reato dell’interruzione di gravidanza si afferma come una forma di controllo sul corpo e sulla capacità riproduttiva delle donne. Sono stigmatizzate come assassine e si rendono invisibili le situazioni di vulnerabilità in cui si trovano. La minaccia penale pesa su tutte le persone che interrompono una gravidanza. Per questo non possiamo più aspettare».