Se Beppe Grillo chiama gli elettori al voto «per poter abolire le regioni», ben più prosaicamente Paola Taverna ha fissato l’asticella sull’obiettivo di entrare nelle assemblee degli eletti dal popolo. E sarà la prima volta, almeno in Toscana, Umbria e Marche, dove cinque anni fa il Movimento 5 Stelle non si era nemmeno presentato alle elezioni. Certo per la politica italiana si tratta un’era geologica fa. A tal punto che gli unici termini di paragone per le truppe pentastellate sono quelli delle europee 2014. Quando lo spoglio delle schede, in queste tre regioni, dette come risultato il 16,7% in Toscana, il 19,5% in Umbria e il 24,5% nelle Marche.

Cosa accadrà domani? A sentire i diretti interessati, i potenziali elettori sono rimasti piacevolmente colpiti dalla nuova strategia comunicativa decisa dalla Casaleggio & associati: «I nostri volti nuovi in tv – tira le somme il marchigiano Gianni Maggi – stanno allargando il consenso». Sono lontani i tempi delle fatwe e delle espulsioni per chi osava presentarsi davanti alla telecamere. Oggi basta sintonizzarsi su un emittente, nazionale o locale, per imbattersi in questo o quel candidato del movimento. Pronto a offrire le sue proposte per la regione di turno. E cercare di far dimenticare i difficili mesi passati. Quelli segnati da espulsioni in serie, che ad esempio in Toscana hanno decapitato la prima ondata dei cittadini-onorevoli a 5 Stelle.
Proprio nella regione dove il gran favorito è il dem Enrico Rossi, il movimento punta alla piazza d’onore. Lo fa presentando un volto sufficientemente fresco come il carrarino Giacomo Giannarelli, consulente ambientale che, nei giorni scorsi, si è presentato a Firenze con il grembiule di cameriere insieme a un gruppo di parlamentari per la riuscita iniziativa «A cena con i 5 Stelle». C’era anche il sindaco livornese Filippo Nogarin, che ha dato il suo contributo organizzando una seduta del consiglio comunale ad hoc per dare la cittadinanza onoraria all’ex presidente uruguaiano Pepe Mujica, di passaggio in città.

Con un programma che su ambiente, infrastrutture e servizi pubblici ha tanti punti in comune – molti dicono «ricalcato» – con quello della Toscana a Sinistra di Tommaso Fattori, i 5 Stelle hanno chiuso la campagna al piazzale Michelangelo di Firenze. «Siamo gli unici ad aver scelto la piazza», gongolano. Una bugia elettorale: Fattori ha chiuso in contemporanea, e lo ha fatto proprio a Livorno in piazza Mazzini insieme al pugile a pugno chiuso Lenny Bottai. Nella città dove, complice la crisi senza fine del Pd locale, non è da escludere un testa a testa fra le due forze politiche.
Nella vicina Umbria, i 5 Stelle hanno presentato una diversa strategia d’azione. Come terzo incomodo fra la ricandidata dem Catiuscia Marini (con Sel e i transfughi «grassiani» ex Prc) – e un centrodestra compatto (Fi, Lega, Fdi, centristi) che sogna con Claudio Ricci di ripetere l’exploit delle comunali di Perugia, il movimento candida il pittoresco trentottenne Andrea Liberati, che fiutando l’aria attacca sempre «la sinistra» e «un regime che dura da 45 anni». Con un passato forzista (anche semi-istituzionale) ma anche volontario per il Barack Obama del 2008, Liberati ha avuto l’endorsement alla marcia Perugia-Assisi per il reddito di cittadinanza, con Grillo a menare le danze.

Nelle Marche infine, dove il dem Luca Ceriscioli è alleato con l’Udc e il governatore uscente Gian Mario Spacca si ripresenta per la terza volta con un memorabile cambio di casacca – dal Pd al centrodestra – il movimento ha scelto il non più giovanissimo Gianni Maggi, che non a caso ragiona nel solco della classica fisiologia della politica: «Stando vicino ai consiglieri comunali – spiega – abbiamo capito cosa significa occuparsi dei problemi dei cittadini. Ora vogliamo entrare in consiglio regionale per fare sinergia con loro, con i nostri deputati e senatori, e con gli europarlamentari a 5 Stelle». Non certo per abolire le Regioni, come pure chiede Grillo.