«Un paio di settimane fa qualcuno è entrato nella nostra redazione e ha forzato armadietti e scrivanie, evidentemente per cercare qualcosa. Con la camorra funziona così: noi scriviamo e loro ci minacciano o ci “vengono a trovare”, siamo abituati».

È un «territorio di frontiera» quello che descrive Claudio Silvestri, segretario del Sindacato giornalisti della Campania e redattore del quotidiano Roma, dove i cronisti sono spesso i primi ad opporsi ai poteri criminali che operano indisturbati. «Solo nella provincia di Caserta, il feudo del clan dei Casalesi – spiega ancora Silvestri – ci sono quattro giornalisti sotto scorta e dieci sotto tutela. Questo per dire quanto è forte la concentrazione malavitosa in quella zona e quanto è importante il ruolo che svolgono le testate del territorio».

Giornali come il Roma, «che la cooperativa dei giornalisti si è ripreso dal 2013», Il Sannio quotidiano, Cronache di Caserta, Cronache di Napoli o il Quotidiano del Sud che rischiano di non sopravvivere nei prossimi anni ai tagli al Fondo per il pluralismo decisi dal governo gialloverde. Per Silvestri, «il rischio è che nello spazio di pochi anni non ci sia più una vera redazione, dei giornalisti che possano indagare su amministrazioni colluse con i poteri criminali o sui traffici e le azioni della camorra: e certo questo compito non può essere demandato a dei giovani colleghi costretti a postare decine di pezzi al giorno sui giornali online».

E non si tratta solo del destino di quanti operano in questo settore. «Se si elimina chi lo racconta ogni giorno, si finisce per consegnare il territorio al malaffare», sottolinea il giornalista del Roma, prima di concludere, «la minaccia della camorra la conosciamo, ma questi tagli rischiano di produrre un effetto anche peggiore».