La rassegna «Registi Fuori Dagli Sche(r)mi», diretta da Luigi Abiusi e frutto della collaborazione tra Apulia Film Commission e la rivista Uzak ci permette di incontrare Abel Ferrara, sempre schivo e poco propenso ai rapporti con la stampa, e lo sceneggiatore Maurizio Braucci. Comincio con Ferrara, insolitamente propenso alle chiacchiere.

Nel 2011 «4:44 L’ultimo Giorno Sulla Terra», nel 2014 l’ultimo giorno della vita di Pier Paolo Pasolini…mi parli di questa attenzione speciale per l’ultimo giorno delle cose…

Ogni giorno della vita di Pasolini sarebbe stato interessante. Lui stesso diceva qualcosa del tipo: «il giorno della morte di qualcuno mette tutta la sua vita ’in prospettiva’…A me però interessava questo giorno come struttura che si snoda nel tempo, più che per il fatto di essere «l’ultimo»… la struttura di quella sua giornata, la successione di stati mentali ed eventi che la costituiscono, che diventano la struttura del film. (prende la parola Braucci, ndr): Un giorno-una vita…lo ripetevamo spesso in quel periodo, poter rappresentare l’interezza di una esistenza nel racconto di un giorno sintomatico… è quello che abbiamo cercato di fare con Pasolini. D’altronde i due giorni realmente significativi nella vita di una persona sono quello della nascita e quello della morte, è stato un modo per fare un film che fosse rappresentativo di questo poeta.

L’interpretazione di Willem è stata tacciata da alcuni di eccessivo distacco emozionale, di freddezza

Dalle lunghe ricerche fatte, abbiamo potuto capire che Pierpaolo era una persona estremamente contenuta, sempre molto discreta, che parlava poco e sorrideva poco, è per questo che Willem non gridava, evitando i picchi espressivi particolarmente appariscenti, i momenti alla Al Pacino in Toro scatenato, per intenderci… (risponde Massimo Braucci): Io credo che il film sia stato principalmente un modo per cercare il confronto con un Pasolini reale. Troppo spesso, si ha di lui un’idea mitica. Io credo che quello reale fosse molto vicino a all’interpretazione di Willem… era un uomo molto silenzioso, un grande osservatore. Abbiamo discusso a lungo di quale fosse il modo più corretto per rappresentarlo, e alla fine mi sembra che con quel tipo di lavoro «contenitivo» Willem sia riuscito a coglierne l’aspetto fondamentale.

Alcuni fra i detrattori trovano il film troppo poco violento e con troppo poco sesso per essere un Ferrara…lei si sente in qualche modo vittima di un pregiudizio culturale in questo senso?

Certo…che se fai un film come Driller Killer te lo devi aspettare…La verità è che porto il film dove voglio io e non mi preoccupo di rispondere a nessun tipo di aspettativa. In questo caso ci siamo sentiti letteralmente sbaragliati dall’intelletto di Pasolini e dalla sua immaginazione, e la vera sfida del film era di arrivare in qualche modo alla sua immaginazione, di raggiungerne la «mente».
Hai visto Quei Bravi Ragazzi? Ecco, Tommy De Simone, il mafioso reale che è interpretato da Joe Pesci, nel film viene ucciso con delle mazze da base-ball, ma nella realtà, e questo me lo ha detto uno dei poliziotti che ha fatto le indagini, lo hanno tenuto bloccato in ginocchio e hanno fatto una fila di amici e parenti di tutti quelli che aveva ucciso, ed erano veramente tanti, e ognuno a turno gli dava un cazzotto sulla faccia finché non è quasi morto…poi hanno scavato dove era seppellito il fratello, ce lo hanno gettato sopra, con la faccia su quella del cadavere e lo hanno seppellito che ancora respirava….
Ora non credi che questo sia molto più violento che un po’ di mazzate da base-ball?
Maaama mmiaaa!!! (in Italiano, ndr) ti immagini quanta violenza è l’essere ucciso un pugno alla volta?
E se ci pensi questo è quello che hanno fatto anche a Pasolini…come potevo fare un film più violento…lo hanno ammazzato di calci ai genitali!!!
Volevamo entrare nella testa di Pasolini e mostrare i suoi comportamenti, la sua vita e dunque anche la sua morte, per come sono state realmente, poi se vuoi puoi esagerare, spettacolizzare tutto, ma quello che vedi nel film lo vedi perché in base alle nostre ricerche era veramente così

La scena del pestaggio si svolge in semi-oscurità, con molti «fuori fuoco», si vede poco ma la violenza è audio-indotta attraverso le qualità spettromorfologiche dei colpi…

Abbiamo cercato di ricrearla nella maniera più realistica possibile, non c’è musica, non ci sono «jump cuts», tutto quello che vedi è ciò che viene fuori girando così, è esattamente come lui (indicando Maurizio Braucci, ndr) l’ha ricostruita… (parla Massimo Braucci): In realtà io mi sono attenuto agli atti processuali. Il perito Faustino Durante ha fatto un lavoro formidabile! Nel processo a Pelosi del ’76 ricostruisce perfettamente tutta la dinamica dell’aggressione, noi abbiamo solo seguito il suo lavoro. Il problema è che al riguardo c’è ancora molta opinione e assai poca conoscenza. Se uno avesse curiosità vera per le cose capirebbe che i dati certi esistono, basta trovare la voglia di consultarli. Noi abbiamo fatto la cosa più semplice e onesta che si potesse fare: non avere un’opinione ma ampliare una conoscenza.

Il suo Pasolini parla l’inglese e in poche scene un italiano stentato, per alcuni è un errore madornale, mentre per altri una sorta di straniamento brecthiano…

Ognuno fa esperienza della letteratura e della poesia nella propria lingua madre. Gli intellettuali russi, stimano l’opera di Pasolini, ma perché gli «arrivi» devono leggerla in russo.
Per me Pasolini è in Inglese ma «suona» in Italiano: i film suoi che ho visto erano in lingua originale con i sottotitoli in inglese, e mai avrei voluto vederli doppiati.
Quando per la prima volta ho visto il Decameron lo ho ascoltato in italiano, ma avevo bisogno dei sottotitoli in inglese per poterlo comprendere, e ho letto Petrolio, e le sue poesie in Inglese, quindi l’esperienza generale che ho di Pasolini «é» in Inglese.
Avrei dovuto studiare vent’anni di Italiano per arrivare a comprenderlo e non sarebbe bastato perché in Petrolio Pasolini scrive ben oltre la comprensione ordinaria della lingua, secondo quella sua innata propensione a superare continuamente se stesso, a instaurare una sorta di conflitto tra idee e parola e tra parola e immagine, in un continuo superamento reciproco. Pierpaolo, poi, era assolutamente contro l’uso «normalizzato» della lingua e aveva fatto studi accurati sui dialetti, in particolare sul friulano. La lingua, per lui come per me, è un’entità in costante mutamento.

Un’incanutito Ninetto Davoli interpreta il re mago Epifanio, la parte scritta da Pasolini per Eduardo De Filippo, in Porno-Teo-Kolossal, mentre Scamarcio è Nunzio, che fa in Napoletano la parte originariamente scritta per Davoli. La critica italiana si divide…Lei cosa risponde?

Eduardo si sarebbe espresso in napoletano, anche se ci è impossibile sapere esattamente in che napoletano…la parte è quella di re e probabilmente avrebbe usato un napoletano non ordinario. Non volevo falsificare in alcun modo i dialetti, e forzare Ninetto a riprodurne uno diverso dal suo, non avrebbe funzionato. Personalmente credevo che Riccardo, pugliese, avrebbe adottato il suo dialetto nativo, un qualche «slang» delle sue parti, invece su consiglio di Maurizio (Braucci), partenopeo Doc, ha optato per il napoletano.
Per il Pelosi non ho voluto cercare un attore professionista che facesse «il romanaccio», perché sarebbe risultato artficiale e ho preferito cercare un ragazzo vero, che fosse il più vicino possibile al Pelosi reale per carattere, e che parlasse un romanesco naturale.

La sua rappresentazione di Roma è notturna e bipolare, presa tra l’incanto sublime per i monumenti e l’esibizione del degrado…

Ho vissuto a Roma per dieci anni e molti della mia crew ci hanno vissuto per molto molto tempo, per cui abbiamo un certo tipo di sensibilità per i luoghi.
In un film non è importante solo il luogo che riprendi, ma sapere dove mettere la macchina da presa per riprenderlo, a fare la differenza è il «come» lo riprendi, il punto di vista, l’approccio che hai al luogo. Oltretutto i posti che vedi nel film ci sono perché abbiamo fatto una sorta di lavoro filologico, sono i luoghi attraverso cui Pasolini è passato durante i suoi spostamenti, le immagini che potrebbe effettivamente aver visto quel giorno.