Mai lasciarsi scappare l’opportunità di una buona crisi, come l’attuale conflitto in Ucraina. Questo sembra essere ciò che l’ex premier giapponese Abe Shinzo deve aver pensato domenica quando in tv ha detto che il Giappone dovrebbe poter considerare l’opzione di chiedere la condivisione degli armamenti nucleari Usa, come già avviene con alcuni paesi Nato.

«Non dobbiamo imporre tabù alle discussioni sulla realtà con cui dobbiamo fare i conti», ha aggiunto. L’ex premier era stato invitato per parlare di come l’invasione russa avesse alterato il panorama securitario del Giappone.

Secondo Abe, se dopo la caduta dell’Urss Kiev avesse deciso di mantenere alcune delle testate nucleari che erano dislocate nel paese al momento dell’indipendenza, probabilmente Mosca non avrebbe preso la decisione di invadere.

La proposta ha suscitato vivissime reazioni in Giappone, dove dal 1948 è in vigore una costituzione pacifista. A partire dal 1967, inoltre, Tokyo ha seguito i principi dei «tre no» riguardo gli armamenti nucleari: no alla produzione, no al possesso e no all’introduzione sul proprio territorio. Ciononostante, i giapponesi durante la guerra fredda sono stati coperti dall’ombrello nucleare Usa.

Abe guida la fazione più numerosa all’interno del Partito liberaldemocratico, che non a caso è quella più determinata a rivedere il pacifismo costituzionale e rafforzare la postura militare del Giappone.

Davanti alla crescente assertività cinese e allo sviluppo del programma nucleare nordcoreano, la destra giapponese guidata da Abe ritiene che la condivisione delle testate statunitensi potrebbe essere un’opzione da non scartare.

Il premier Kishida Fumio si è espresso con decisione. Interrogato sulla proposta di Abe da un parlamentare dell’opposizione, Kishida ha detto lunedì che «è inaccettabile per il nostro paese, che continua ad aderire ai tre principi anti-nucleari».

Giovedì scorso il premier aveva già riaffermato la validità dei tre principi in commissione parlamentare, quando aveva detto che per il Giappone era fuori questione «usare o possedere armi nucleari».

Kishida proviene da Hiroshima e ha una particolare sensibilità per il tema delle armi nucleari, tanto che ha fatto del disarmo una delle proprie principali battaglie. Le parole di Abe mirano dritte al cuore del programma politico dell’attuale premier e probabilmente vanno inquadrate nel più ampio confronto che sta avvenendo all’interno del partito di governo per quanto riguarda la revisione della Strategia sulla sicurezza nazionale.

Fin dalla propria elezione a premier lo scorso ottobre Kishida ha dovuto impiegare una serie di concessioni e misure dure per tenere sotto controllo i falchi della destra, che tuttavia sono stati fondamentali per la sua elezione.

Stavolta però la risposta ferma di Kishida pare aver incontrato i favori del partito dato che anche Kishi Nobuo, ministro della difesa nonché fratello minore di Abe, ha rimarcato che per Tokyo non sarebbe possibile ospitare testate statunitensi sul proprio territorio.

Nel paese che unico al mondo ha dovuto subire un bombardamento atomico, anche la società civile ha alzato la voce contro Abe. Le organizzazioni degli hibakusha, i sopravvissuti di Hiroshima e Nagasaki, sono uscite in pubblico per manifestare contro l’ex premier. Nelle loro parole si legge rabbia e tanta preoccupazione per il futuro.

Come detto da Sakuma Kunihiko, presidente di una di queste organizzazioni, «il Giappone ha il dovere di condurre il movimento per l’abolizione delle armi nucleari», non di fomentare una corsa agli armamenti.