La nostra è una rivoluzione di donne», è il messaggio del leader kurdo Abdullah Ocalan, letto ieri nella città siriana di Kobane, liberata lo scorso gennaio dall’assedio dei miliziani dello Stato islamico (Isis). Il leader del partito dei lavoratori kurdi (Pkk) ha ricordato che le donne kurde hanno «aperto gli occhi ad una nuova era di civiltà con lo spirito e la resistenza di Kobane».

Il riferimento è al ruolo centrale delle attiviste delle Unità di protezione popolare (Ypg), braccio armato del Partito democratico unito (Pyd), come Arin Mirkan, che hanno dato filo da torcere ai jihadisti dell’Isis che lo scorso autunno avevano preso il centro della città kurda. L’accordo tra il partito dei kurdi siriani (Pyd) e i kurdi di Ocalan è al centro dell’esperimento di autonomia democratica che coinvolge le province kurde siriane di Afrin, Kobane e Jazeera, meglio note come Repubblica di Rojava.

Il messaggio del leader kurdo in prigione è arrivato a pochi giorni dall’annuncio del portavoce del movimento turco di sinistra filo-kurdo, il Partito democratico popolare (Hdp), Sirri Surreya Onder, sulla volontà politica di Ocalan di chiudere la stagione della lotta armata in Turchia. Questo processo, già annunciato nel 2013, avverrebbe per gradi se venisse messo in atto dal governo turco un decalogo in dieci punti che permetterebbe una più equa integrazione della minoranza kurda turca nelle istituzioni dello stato. Molti attivisti hanno definito l’annuncio, dato alla presenza del ministero dell’Interno e diffuso attraverso i media pubblici, come un tentativo strumentale del presidente turco Recep Tayyp Erdogan di guadagnare voti in vista delle prossime elezioni parlamentari di giugno.

Proprio ieri Erdogan ha convocato al palazzo presidenziale il secondo consiglio dei ministri posto sotto la sua presidenza. Eletto nell’agosto scorso come presidente, nonostante la costituzione turca conferisca alla presidenza della Repubblica solo poteri simbolici, Erdogan ha messo in chiaro di voler continuare a gestire il paese. L’islamista moderato, impegnato in una censura senza precedenti della stampa e dei centri di potere controllati dal suo oppositore l’islamista radicale Fetullah Gulen in esilio negli Stati uniti, ha chiesto agli elettori di dare un’ampia maggioranza al suo partito (Akp) per consentirgli di cambiare la costituzione e di istituire un sistema presidenziale che gli permetterebbe di rafforzare ulteriormente il suo potere. Secondo la stampa turca indipendente, le ingerenze di Erdogan nel lavoro dell’esecutivo inizierebbero a suscitare tensioni con il premier Ahmet Davutoglu.