«Certamente abbiamo fatto un errore di comunicazione» dice subito Giuseppe Santalucia per spiegare la nota dell’Associazione nazionale magistrati che da domenica sera non smette di ricevere critiche. I magistrati chiedono precedenza nella vaccinazione anti Covid e minacciano altrimenti di interrompere l’attività giudiziaria? «Niente di tutto questo» assicura il presidente dell’Anm. Ma «con amarezza» riconosce che «il disorientamento generale dimostra che abbiamo sbagliato a spiegarci, dunque accetto tutte le critiche». Aggiunge però che «i vaccini non c’entrano» perché «il fatto che il governo non riconosca i lavoratori della giustizia tra le categorie con precedenza era solo il punto di partenza del nostro ragionamento. Non chiediamo di cambiare le priorità, anzi io personalmente trovo giustissimo che si mettano al primo posto le persone più fragili».

Dottor Santalucia, la vostra nota è perentoria, invita i dirigenti degli uffici a prendere «misure energiche» e «sollecite» per «rallentare immediatamente» le attività «senza escludere la sospensione».

L’errore è stato far intendere che i magistrati erano pronti a incrociare le braccia. D’altra parte la situazione nei tribunali si è aggravata. In diversi uffici ci sono magistrati in isolamento fiduciario o magistrati fragili che vengono lasciati a casa, i colleghi che suppliscono sono ancora più esposti. Riceviamo moltissime segnalazioni.

Al ministero dicono che il 18 marzo l’Anm aveva chiesto la vaccinazione prioritaria per i magistrati e che la ministra vi aveva già risposto di no.

No, non abbiamo chiesto il vaccino ma uniformità di trattamento. In quel momento le regioni andavano ognuna per conto suo: in Toscana vaccinavano magistrati e avvocati, in Sicilia li vaccinavano a metà, nel Friuli tutti, nel Lazio non se ne parlava, in Puglia avevano programmato la vaccinazione poi l’hanno interrotta. Noi rispettiamo le indicazioni ma le indicazioni evidentemente erano disordinate. Avevo scritto alla ministra dicendo: decidete. Ma fatelo per tutti.

Il governo ha deciso di prorogare fino ad agosto lo stato di emergenza per l’attività giudiziaria. È una vostra richiesta, eppure dite che non basta. E allora?

La proroga è buona cosa, per carità. Apprezziamo che resti in vigore la possibilità di tenere i processi a distanza o «scritti», senza udienza fisica. Ma queste misure non coprono l’intera attività. Ci sono settori del civile come le separazioni e le udienze fallimentari che prevedono la presenza in aula. Nel penale basta che un avvocato chieda la trattazione orale e, anche se ci sono decine di altri imputati, si è costretti ad andare. Questa è situazione è innegabile, si può decidere di non vederla anche se nel resto del paese c’è un sostanziale lockdown. O si può chiedere, come abbiamo fatto noi, di immaginare una sospensione per un mese, un mese e mezzo di tutto quello che non è urgente.

Intanto lo sciopero lo fanno gli avvocati della camere penali dal 29 al 31 marzo. Fanno bene?

Gli avvocati scioperano per le disfunzioni nel deposito telematico degli atti. Non ho esperienza diretta ma sono certo che abbiano le loro ragioni. Anche loro ci hanno criticato e anche questo mi ha un po’ avvilito, evidentemente abbiamo usato un linguaggio non adeguato al momento. Eppure la nostra preoccupazione non era per la corporazione, ma per l’utenza. Nelle aule spesso molto piccole dei nostri palazzi di giustizia, del resto, continuano ad andarci i magistrati, ma anche gli avvocati, gli imputati, i cancellieri, i testimoni, i periti…