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“Abbasso il comunismo”, la cerimonia funebre per Jaruzelski

“Abbasso il comunismo”, la cerimonia funebre per Jaruzelski/var/www/vhosts/ilmanifesto.co/ems/data/wordpress/wp content/uploads/2014/05/16/17DESK SOTTO DESTRA POLONIA 601508 – Polonia

Polonia Una figura che ancora oggi provoca rabbia e disapprovazione in una grande fetta dell'opinione pubblica polacca

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 31 maggio 2014

Dentro c’era il presidente in carica Bronislaw Komorowski e due ex presidenti, Aleksander Kwasniewski e Lech Walesa. Fuori, i nazionalisti che scandivano in coro: “precz z komuna”, abbasso il comunismo. E’ stata questa la sintesi della cerimonia funebre di Wojciech Jaruzelski. Con lui si è chiuso definitivamente un altro capitolo della storia recente della Polonia. Uno dei tanti capitoli amari che hanno segnato la storia di questo paese.

I suoi “compagni” di partito avrebbero voluto un giorno di lutto nazionale. Un po’ troppo, forse, per una figura come quella di Wojciech Jaruzelski che ancora oggi provoca rabbia e disapprovazione in una grande fetta dell’opinione pubblica polacca. Il sindaco di Varsavia Hanna Gronkiewicz-Waltz aveva dato il via libera per la sepoltura del “Generale” nel cimitero militare Powazki, esaudendo il desiderio espresso dalla figlia, Monica Jaruzelska: “Per tutta la sua vita, mio padre ha sempre sottolineato che prima di tutto era un militare, e che avrebbe voluto essere seppellito insieme a quelli più vicini a lui”.

La decisione del sindaco, però, ha fatto infuriare l’Istituto nazionale delle rimembranze (Ipn), un’organizzazione governativa di ricerca che ha lo scopo di investigare i crimini nazisti e comunisti commessi in Polonia tra il 1939 e il 1989. “Non possiamo seppellire un dittatore comunista al cimitero di Powazki, non nello stesso posto dove onoriamo anche le vittime del regime comunista”, aveva dichiarato al quotidiano Rzeczpospolita il direttore dell’Ipn, Lukasz Kaminski. A dargli man forte, anche il deputato ultraconservatore Stanislaw Pieta che ha invitato apertamente i polacchi a boicottare la sepoltura.

Nato in una famiglia nobile, Jaruzelski è stato deportato in Siberia con tutta famiglia nel 1939 dopo l’invasione della Polonia da parte dell’Armata rossa, in quanto considerati “nemici di classe”. Fu lavorando nelle miniere di carbone di Karaganda che il giovane Wojciech riportò danni permanenti alla vista che lo obbligheranno a portare i famosi “occhiali scuri”. Dive nuto orfano, venne selezionato dai sovietici per la scuola ufficiali e successivamente si arruolò nell’esercito polacco che si stava formando in Russia, e con la prima armata entrò a Berlino nel 1945. Finita la guerra, continuò la carriera militare fino a ricoprire la carica di ministro della difesa nel 1968. Tuttavia, l’iscrizione del suo nome nei libri di storia si deve al colpo di stato del 1981 e all’introduzione della legge marziale in Polonia per fermare l’avanzata di Solidarnosc.

A capo del Partito comunista polacco e del Consiglio militare di salute nazionale, Jaruzelski divenne il solo ed unico interlocutore dei sovietici durante gli anni delicati della perestrojka. Nel 1989 diede il via alla cosiddetta “tavola rotonda”, il cui obiettivo era quello di mettere a punto le regole per il passaggio di “consegne” a Solidarnosc. Fu eletto presidente della Repubblica con la benedizione degli americani e nel 1990 passò il testimone a Lech Walesa che dirà di lui: “Non sono in grado di affermare con assoluta certezza se il Gen. Jaruzelski sia un traditore. Posso solo dire che io ho perso molte battaglie con lui per raggiungere il sogno di una Polonia libera, ma alla fine ho vinto la guerra.

E’ questo che conta e sono soddisfatto”. Uscito dalla scena politica, il “Generale” ha dovuto però confrontarsi con le accuse di assassinio e tradimento che lo hanno portato più volte in tribunale, uscendone sempre scagionato. Jaruzelski ha sempre dichiarato che il colpo di stato del 1981 e l’introduzione della legge marziale erano stati decisi per fermare l’imminente invasione sovietica. Affermazione confutata dai documenti desecretati dal Kremlino in cui non vi è traccia di presunte invasioni pianificate della Polonia. Quale sia la verità storica è ancora troppo presto per dirlo. Di sicuro i polacchi continueranno a parlare di lui, in bene o in male.

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