Stamattina si muoveranno in corteo da piazza Garibaldi alla prefettura di Napoli. La manifestazione è organizzata dal Movimento migranti e rifugiati per chiedere «la creazione di un canale di emersione per chi è sprovvisto di documenti». Quasi 20mila persone solo nella città di Napoli hanno provato ad accedere alla sanatoria annunciata a maggio 2020 dall’allora ministra dell’Agricoltura, Teresa Bellanova: «La prefettura, a distanza di un anno, ha convocato zero persone» spiegano.

Abdel El Mir fa il bilancio: «In Italia si stimano in circa 700mila i migranti privi di documenti, hanno fatto domanda per la sanatoria solo in 220mila. Bellanova aveva annunciato la misura per orientare la manodopera verso le campagne ma solo il 15% delle domande ha riguardato l’agricoltura. La maggior parte sono colf e badanti e comunque sono rimasti fuori tutti quelli che vengono impiegati nelle costruzioni, nella logistica, nell’industria».

Chi perde il lavoro rischia di diventare rapidamente clandestino: «La questura ti dà massimo 6 mesi per cercare un altro impiego, non bastano per gli italiani figuriamoci per gli stranieri – prosegue El Mir -. Le domande non vengono evase perché le questure non hanno personale, non riescono a riorganizzare gli uffici, il sistema non è modernizzato, il processo burocratico è tortuoso e spesso vengono chiesti documenti non dovuti».

Durante la pandemia sono rimasti in un limbo: «Chi voleva uscire dall’irregolarità non ce l’ha fatta così durante il Covid non ha avuto accesso a forme di sostegno al reddito, neppure i bonus spesa. Una condizione di povertà moltiplicata e lo sfruttamento è diventato altissimo». Al mercato all’ingrosso di Gianturco, ad esempio, si lavora così: 12 ore al carrello, 12 ore allo scaffale, 12 ore allo scarico e poi d’accapo; niente permesso di soggiorno e quindi niente contratto, niente ferie, straordinari pagati o malattie retribuite, per 30 euro a giornata.

E neppure sono stati vaccinati: «Per registrarti sulla piattaforma regionale ci vuole il codice fiscale e la tessera sanitaria. Se hai il tesserino sanitario provvisorio il sistema non lo riconosce. Pure i migranti richiedenti protezione internazionale non riescono a registrarsi, esponendosi continuamente al contagio».