«Non ci sono governi amici». È questo lo slogan scelto dal Coordinamento dei comitati del cratere del terremoto del Centro Italia, che domani arriverà a Roma per manifestare e ricordare che, quasi tre anni dopo il sisma che ha distrutto tutto, c’è una parte del paese ancora in ginocchio tra macerie ancora per terra e una ricostruzione che non è mai partita davvero. L’appuntamento è alle 9.30 in piazza del Popolo, a seguire la protesta si sposterà in piazza Montecitorio.

La lotta è contro quella che ormai viene comunemente definita come «strategia dell’abbandono», cioè quell’insieme di politiche e di pratiche che sta portando il territorio a cavallo tra il Lazio, le Marche, l’Umbria e l’Abruzzo allo spopolamento e all’impossibilità di rinascere davvero. Sono centoquaranta i comuni del Cratere e sono pochissimi i candidati alle Europee che sono passati da queste parti durante la campagna elettorale perché ormai sono finite anche le promesse.

«Non è con le chiacchiere che si tirano su i muri delle case – dicono dal Coordinamento -. È con gli atti formali, con il lavoro “pancia a terra”, con la conoscenza dei territori, la semplificazione della burocrazia, la fatica del confronto e dell’ascolto che si mettono i presupposti per una ricostruzione veloce, sicura e rispettosa delle leggi. Invece siamo ancora in altissimo mare. Migliaia di domande giacciono negli uffici in attesa di essere valutate. Siamo ancora in una fase preliminare, lontani persino dall’affidamento degli appalti per le ristrutturazioni. Figuriamoci, di questo passo, quanti decenni occorreranno per rientrare a casa».

Quello che si chiede è una ricostruzione rapida, democratica e partecipata. Non solo dei luoghi, ma anche delle comunità che ormai si stanno disperdendo, tra chi è stato costretto ad andare via e non è tornato più e chi invece non è mai riuscito a tornare indietro ma vorrebbe farlo, se solo potesse. Per questo i terremotati in protesta chiedono al governo misure di sostegno al lavoro, al reddito e alla dignità degli abitanti del cratere, con una gestione dei fondi pubblici equa e trasparente.

«Lo Stato continua un’opera di non ascolto – spiegano gli avvocati di Alterego-Fabbrica dei diritti, tra i promotori della mobilitazione -, nonostante le nostre proposte volte a istituire un reddito di cratere per chi ha perso il lavoro a causa del sisma, una divisione in zone differenziate a seconda dei danni, degli aiuti fiscali alle imprese delle zone del cratere meno colpite che decidono di investire nelle aree più colpite. Proposte di facile applicazione, tutte volte a far ripartire un tessuto socio-economico al momento devastato. L’unico strumento di sostegno al reddito esistente oggi è il Cas (contributo per l’autonoma sistemazione, nda), che viene riconosciuto a chiunque senza nessuna differenza in base alle reali necessità. Ne avrebbe diritto Montezemolo allo stesso modo in cui ne ha diritto una famiglia di quattro persone tutte senza reddito, in egual misura».