Chissà che cosa avrebbe da dire l’ineffabile Fredric Wertham sugli attuali scenari del fumetto a stelle e strisce. Lui, psichiatra un po’ tocco, morì convinto che sceneggiatori e disegnatori fossero cattivi maestri votati a corrompere la meglio gioventù a colpi di vignette. Un delirio maccartista: ma intanto, l’uscita del suo saggio Seduction of the Innocent (1952) è il pilastro del più devastante psicodramma collettivo dell’industria dei comic book, con gli editori più estremi in bancarotta e gli altri incatenati al bollino di garanzia della «Comics Code Authority».

A FARNE le spese, i lettori, fin lì esposti a influssi negativi tutti da dimostrare. Da quel momento, basta sangue, basta dark ladies discinte. Ma soprattutto, basta scene di «depravazione» come quelle tra Bruce Wayne e il suo pupillo Dick Grayson, di notte in giro a mazzolare i criminali inguainati nelle tute fetish di Batman e Robin, di giorno modelli di convivenza gay. Va da sé che oggi i fumetti di super-eroi possono sembrare un ossimoro narrativo, con personaggi ipersessualizzati nel fisico e nei costumi attillatissimi però piuttosto casti: ne sa qualcosa il grande Manara, autore di una Spider-Woman bocciata perché giudicata troppo «hot».

Occhio però a scaldarsi troppo per l’imminente debutto del Capitan America gay annunciato dalla Marvel giusto in tempo per l’ottantesimo compleanno dell’eroe e il Pride del prossimo 21 giugno. Perché sì, in un mondo in cui per prendersi un cazzotto basta baciarsi in pubblico anche il «coming out» di un personaggio dei fumetti può essere utile alla causa dei diritti. Ma il «Capitano» originale, Steve Rogers, resta rigorosamente «straight». E il nuovo Cap Aaron Fischer, che nelle parole dello sceneggiatore Joshua Trujillo «s’ispira agli eroi della comunità queer» ha più l’aria di un comprimario che di un erede designato.

LA VERITÀ, come al solito, sta nel mezzo, cioè nella necessità delle major dell’intrattenimento di arruolare nuove fasce di lettori in un momento in cui il mercato è in sofferenza. Il vero salto di qualità di The United States of Captain America, semmai, sta nella storia personale dei principali componenti del team creativo. Trujillo, infatti, è un autore molto attivo sui temi dell’inclusività nei media, collaboratore dello sterminato archivio di materiali Lgbt dell’Università della California del Sud (www.one.usc.edu) e del «think tank«» di fumetti «Lgbtqia-friendly» Prism Comics (www.prismcomics.org). Dal canto suo, la creatrice grafica del nuovo Capitano Janeth Bazaldua è una disegnatrice di Città del Messico che in alcuni commoventi tweet datati ottobre 2020 ha annunciato la sua transizione sventolando un certificato di nascita nuovo di zecca.

«Ciao, sono Janeth Bazaldua, forse mi conosci con un altro nome e un altro aspetto, ma quello che stai guardando è quello che sono sempre stata dentro di me, il mio io più autentico, nascosto per molti anni a causa dell’insicurezza ma soprattutto per paura». E poi: «Mi piace il cinema, farmi un bagno, giocare ai videogiochi, il cibo messicano o italiano come qualsiasi persona ’normale’, non posso farti del male e spero che tu non lo faccia a me».

È BELLO continuare a sognare insieme con i tanti character Marvel e DC che a partire dagli anni Novanta hanno mostrato al mondo che un altro fumetto di super-eroi è possibile, da Northstar del gruppo canadese Alpha Flight all’X-Man Bobby Drake alias Uomo Ghiaccio, fino alla bisex Wonder Woman e alla Lanterna Verde Alan Scott. Mai dimenticare, però, che i veri eroi combattono ogni giorno da questa parte della barricata.