Dopo la smentita dell’Olp alla collaborazione militare con il governo di Damasco e i gruppi palestinesi del campo di Yarmouk, ieri ha fatto marcia indietro anche l’inviato dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina. «La decisione di un’operazione militare contro l’Isis – ha detto Ahmad Majdalani – è una decisione del regime e non nostra. Sta combattendo nel campo insieme al Fronte Popolare-General Command».

Secondo fonti interne al campo, tra cui Yarmouk Camp News, sarebbero rimasti uccisi 13 combattenti palestinesi dal 1° aprile, giorno di inizio dell’avanzata islamista, alcuni di loro morti ieri durante scontri tra lo Stato Islamico e le truppe siriane. Perché, ha aggiunto Majdalani, si tratta ormai di un conflitto diretto tra Damasco e Isis.

Il campo profughi, massacrato da tre anni di assedio e dall’avanzata islamista, sta diventando ora dopo ora il terreno di scontro tra Assad e al-Baghdadi: ieri per la prima volta le truppe siriane avrebbero combattuto armi in pugno contro i miliziani islamisti, con un obiettivo chiaro, difendere Damasco.

Così cambierebbero le basi dell’accordo siglato giovedì tra 14 gruppi palestinesi – per lo più esterni all’Olp – e il governo siriano che aveva offerto collaborazione, ma non partecipazione diretta alla battaglia. Ora accanto ai combattenti palestinesi ci sarebbero anche le truppe siriane. E il fronte potrebbe allargarsi: ieri un funzionario di Fatah, Tawfiq al-Tirawi, ha chiamato i membri del partito in Libano e Siria ad imbracciare le armi e raggiungere Yarmouk.

Ma la battaglia tra Damasco e Isis non riguarda solo Yarmouk né solo il cuore del potere del governo Assad. Ieri 20 soldati e 15 islamisti hanno perso la vita in scontri tra esercito governativo e Isis, che ha lanciato l’assalto all’aeroporto di Khalkhalah nella provincia di Sweida, roccaforte druza a sud. L’attacco, respinto da Damasco, era volto ad assumere il controllo di una delle principali autostrade che collegano Sweida alla capitale. Tanto strategica da essere stata in passato target del Fronte al-Nusra, senza risultati: anche allora le truppe governative erano riuscite a respingere l’assalto.

Gli scontri di ieri a Sweida sono lo specchio delle dinamiche attuali sul campo siriano e regionale: con le opposizioni moderate all’angolo, a tentare la marcia verso Damasco restano i gruppi islamisti, veri e unici avversari del governo Assad. I campi di battaglia spuntano ovunque e Yarmouk è uno di loro. Se Yarmouk sarà in grado di resistere, con il fondamentale apporto dei combattenti palestinesi del campo, lo Stato Islamico potrebbe essere costretto a tornare ad arroccarsi nelle zone a nord, nella “capitale” Raqqa. “Sconfitto” da Assad e non dall’Occidente, come in Iraq è frenato dall’Iran.

E mentre la battaglia prosegue, a pagarne le spese sono i profughi rimasti nel campo: ieri l’Unrwa, l’agenzia Onu per i rifugiati, ha lanciato una missione urgente in Siria per discutere delle misure umanitarie immediate da assumere.