Con 432 voti a favore e 10 astenuti, il Sejm, la camera bassa del parlamento, ha approvato venerdì scorso una risoluzione che equipara il massacro della Volinia, avvenuto durante la seconda guerra mondiale, ad un genocidio: uno sterminio sistematico compiuto dall’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini nel quale hanno perso la vita circa 60mila polacchi nella Volinia e altri 40mila nella zona orientale della Galizia.

Un provvedimento storico con l’istituzione di una giornata della memoria nazionale che sarà celebrata l’11 luglio. Nonostante i numerosi appelli alla riconciliazione delle autorità ecclesiastiche dei due paesi, Varsavia ha rinviato lo sgarbo a Kiev. Dopo un primo passaggio al Senato polacco, il governo del partito della destra populista Diritto e giustizia (PiS) aveva scelto di rinviare la discussione al Sejm per evitare polemiche al recente vertice Nato di Varsavia, presente il presidente ucraino Petro Poroshenko. «Le azioni degli occupanti tedeschi e russi hanno creato tutte le condizioni favorevoli al risveglio di un odio razziale a sfondo politico e religioso.

Fino ad oggi i massacri compiuti dai nazionalisti ucraini non stati considerati un atto di genocidio negando una verità storica», scrivono gli autori della risoluzione preparata dal PiS.

Polemiche a destra. I parlamentari della lista populista Kukiz’15, fondata dall’omonimo rocker, avrebbero voluto farla approvare prima del soggiorno di Poroshenko a Varsavia. Ma è tutta l’agenda estiva dei lavori parlamentari del PiS ad essere stata organizzata in funzione del vertice per ingraziarsi, o, comunque, evitare di irritare l’amministrazione americana e gli altri stati membri della Nato. Due giorni prima del vertice, il Sejm aveva approvato in tempi da record una nuova riforma del Tribunale costituzionale all’insegna di una vistosa “captatio benevolentiae” diplomatica. In questo modo, Varsavia ha voluto mostrare a Washington un gesto di buona volontà nel voler mettere fine ad una crisi costituzionale che continua a paralizzare la Corte dallo scorso autunno. Nella prima giornata del summit, Poroshenko si era recato nel quartiere di Zoliborz per ricordare le vittime dello sterminio deponendo fiori davanti all’enorme crocifisso di pietra sormontato da una figura di Cristo senza braccia, eretto nel 2013 per ricordare il settantesimo anniversario della strage. Dieci anni prima, era stato Giovanni Paolo II ad invocare il perdono e la riconciliazione tra i due popoli. Intanto, Cracovia si prepara ad accogliere in settimana centinaia di migliaia di fedeli da tutto il mondo per la XXXI Giornata mondiale della gioventù, evento nato negli anni Ottanta sotto il pontificato di Karol Wojtyla.

Era comunque prevedibile che la formazione fondata dai fratelli Kaczynski, incoraggiata dalla campagna di revisionismo storico, promossa in patria dell’Istituto della Memoria Nazionale (IPN), avrebbe spinto per l’ufficializzazione del termine «genocidio» per il massacro in Volinia. In Ucraina molte strade sono intitolate al leader filonazista Stepan Bandera, storico fondatore dell’Esercito Insurrezionale Ucraino (UPA), insignito dell’onorificenza di Eroe nazionale dall’ex presidente Victor Yushenko già prima di Majdan, e dopo la vittoria dell’estrema destra a Kiev le formazioni ultranazionaliste e fasciste hanno cominciato a celebrare in massa la giornata in memoria di Bandera. Nonostante che il Ministro della Difesa polacco Antoni Macierewicz abbia dichiarato, in modo contraddittorio, che il nazionalismo ucraino fosse un strumento politico nella mani dei sovietici, la reazione di Kiev non si è fatta attendere: «Siamo rammaricati che Varsavia abbia optato per una valutazione unilaterale degli eventi senza chiedere una commissione d’inchiesta internazionale…», ha commentato l’ambasciatore ucraino Andriy Deshchytsia.

Altro che Polonia mediatrice per conto di Bruxelles nel difficile dialogo tra Ucraina e Russia sul conflitto nel Donbass.