Nessuna sorpresa. A Bologna il sindaco uscente centra la riconferma, anche se al ballottaggio. Sotto le Due Torri l’affluenza cala dal 59% del 5 giugno al 53: 7 punti in meno che non hanno penalizzato Virginio Merola e il Pd. Se a mezzanotte la cautela tra i democratici era ancora tanta, nella sede del comitato elettorale del centrodestra c’erano già i primi delusi. Il sindaco uscente Virginio Merola centra la riconferma col 55% dei voti e più di 10 mila voti di distanza dagli avversari. Non è bastata dunque la brillante rincorsa della candidata leghista Lucia Borgonzoni, che comunque è stata capace di ridurre la distanza dal Pd soprattutto se si considerano i 17 punti di distacco del primo turno.

Soddisfazione e sollievo tra i democratici dunque, una volta passata la paura del ribaltone. Resta da capire quale verso prenderà l’amministrazione della città, e molto dipenderà dalle dinamiche interne del partitone. In consiglio comunale infatti ci sarà una fortissima maggioranza dem: ad esclusione dell’assessore uscente Frascaroli tutti gli altri consiglieri arriveranno dalle fila dei democratici.

Una campagna elettorale senza effetti speciali quella che si è vista in città (almeno fino al 5 giugno), con il primo cittadino in cerca del bis impegnato nel rivendicare in maniera piuttosto asettica i risultati di 5 anni di lavoro della giunta. Poi è arrivato lo smacco di due domeniche fa, quando il Pd e le varie liste di sostegno, che nei piani della dirigenza dem avrebbero dovuto spingere il sindaco fino alla vittoria al primo turno, si sono ritrovate tutte assieme al 39%. Insignificante la presenza di due formazioni civico-centriste, entrambe inchiodate sullo zero virgola. Risultato da prefisso telefonico anche per i socialisti, fermi allo 0,84% dei voti. Mentre la lista dell’assessore al welfare Amelia Frascaroli, quella che avrebbe dovuto incamerare le preferenze del popolo della sinistra-sinistra, è rimasta sotto al 3%. Una delusione viste le aspettative, la potenza di fuoco e il radicamento che il Pd può mettere in campo in città, e anche vista l’incapacità del centro destra cittadino di mettere in campo, se non all’ultimo momento, un’alternativa unitaria a Merola.

Dopo mesi di litigi e veti incrociati, l’accordo tra Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega Nord è arrivato solo a fine aprile, a meno di un mese e mezzo dal voto. Cinquanta giorni che nonostante tutto sono bastati alla candidata della destra Lucia Borgonzoni per agguantare il 22%, superare di slancio i grillini di Massimo Bugani (inchiodati al 16%) e costringere il sindaco al ballottaggio. La strategia di Borgonzoni è ruotata tutta attorno a due pilastri: da una parte la presenza massiccia nei talk show delle reti tv nazionali, dall’altra numerose visite di Salvini in città per catturare i titoli dei giornali locali e non.

La sberla elettorale di due domeniche fa ha cambiato in parte la musica. Merola ha ammesso di avere sbagliato, di non aver ascoltato abbastanza i bolognesi e soprattutto di non essersi fatto vedere nei quartieri. Le ultime due settimane di campagna elettorale hanno visto il sindaco e i suoi candidati battere piazze, strade e parchi, parlare – e qualche volte incassare pesanti critiche – con quante più persone possibili, chiedere «umilmente» il voto ai bolognesi, come ha fatto il segretario Pd Francesco Critelli ammettendo che chi governa può sbagliare, e che non sempre esistono soluzioni miracolose. Poi l’attacco alla Lega, sempre più importante man mano che si avvicinava il ballottaggio. «Leghisti razzisti, Bologna non vi vuole e ve lo dirà con forza», è stata una delle ultime dichiarazioni del primo cittadino prima del silenzio elettorale. «Mandiamoli tutti a casa», è stata la replica di Borgonzoni. Più che sui propri meriti comunicativi – che comunque ci sono – la candidata del Carroccio ha giocato tutto sulle mancanze dell’amministrazione e sul voto deluso e rabbioso dei bolognesi. I numeri dicono che non è bastato. Bologna per i prossimi cinque anni sarà governata da Virginio Merola e dal suo Pd. In Comune entreranno anche due consiglieri di Coalizione civica, formazione della sinistra che al primo turno ha collezionato il 7% dei voti. Toccherà a loro incalzare da sinistra il Pd sui temi della scuola pubblica, dell’emergenza casa, dei diritti.