Il primo autobus ungherese è arrivato al confine coll’Austria di notte, alle 2.32. I primi 39 rifugiati delle migliaia della disperata marcia della speranza verso l’Austria e la Germania ce l’hanno fatta, lo attraversano a piedi, ancora increduli di essere scampati all’Ungheria, esausti e bagnati. Oltreconfine sono accolti da applausi e cartelli, welcome refugees sventolati da cittadini accorsi qui a Nickelsdorf dai dintorni ma anche dalla vicina Vienna.

Si sono messi in moto quando in piena notte, dopo una giornata di silenzio è arrivato il tweet del cancelliere austriaco Werner Faymann che annunciava l’apertura dei confini, concordata con la Germania. Ora i rifugiati in arrivo dall’Ungheria possono chiedere asilo in Austria o proseguire verso la Germania, che è la meta agognata dalla stragrande maggioranza.

https://twitter.com/juergenklatzer/status/639939604087488512

«Si tratta di una situazione di emergenza, bisogna aprire le porte all’umanità, che deve prevalere sulla burocrazia» ha ribadito il cancelliere anche ieri pomeriggio alla conferenza di programma dei socialdemocratici a Vienna: «Se l’Europa non sa essere solidale accogliendo le persone che fuggono dalla guerra deve restituire il nobel per la pace».

Sbarre di confine quindi finalmente alzate, il regolamento di Dublino e Schengen, sulla carta ancora difesi dall’Austria sono di fatto sospesi. Fino a quando? Non si sa, «siamo in uno stato di eccezione» dicono le fonti governative.

Stato di eccezione, davvero. Poliziotti gentili e persino con gli occhi lucidi «è come l’89» ( arrivarono qui i profughi della Germania Est) che rassicurano le centinaia e poi migliaia di persone in arrivo. Sono 6.500 mentre scriviamo, a Vienna se ne attendono oggi fino a 10mila.

Dalla stazione ovest di Vienna fin dal mattino sono partiti i treni speciali delle Oebb, le ferrovie austriache al ritmo di mezz’ora, per portare i rifugiati dal confine nella capitale. Hanno mobilitato tutte le risorse possibili, personale e interpreti di inglese e arabo, gli annunci sono anche in lingua araba. Ognuno che arriva riceve informazioni e indicazioni precise, cibo, assistenza, posti letti… Il governo ungherese denunciava l’aggressività dei profughi, qui al contrario polizia ferroviaria e Ong lodano la perfetta cooperazione e gratitudine dei rifugiati.

Il primo treno è arrivato intorno alle 6 del mattino: famiglie con bambini, vecchi, gente in carrozzella tutti visibilmente provati. Accolti da tantissimi cittadini in loro attesa, che applaudono, sventolio di cartelli welcome refugees, alcuni piangono vedendoli finalmente arrivare.

Eccoli , scendono, prima è sorpresa, poi grande sollievo per questa accoglienza, la speranza rinasce.

I telegiornali austriaci e i tweet del settimanale viennese der Falter raccontano scene strappacuore: un piccolo bimbo viennese regala a un bambino siriano la sua macchina matchbox, i due bambini si abbracciano, «vederlo mi ha fatto piangere» racconta il direttore di der Falter.

Davanti alla stazione c’è gente, intere famiglie in coda per portare cibo, vestiti, scarpe, coperte. I profughi sono arrivati con vestiti estivi, molti hanno le scarpe bagnate o sono in ciabatte, Giocattoli, comprati da bambini con la paghetta, persone che offrono il loro tempo o competenze.

La Caritas è stata costretta a pregare la gente che vuole ricevere i rifugiati in prima persona di non venire più ai binari, perché altrimenti non hanno più spazio per scendere dai treni. E ha chiesto anche uno stop alle donazioni, fino a che non ci sarà un nuovo appello.

Migliaia gli arrivi ma tutto fila liscio, scelta la via umanitaria tutto funziona. E’ il contromodello di Traiskirchen, il discusso centro di accoglienza gestito in modo volutamente respingente, dove non funziona niente.