È di almeno 15 morti e decine di feriti il bilancio degli scontri di ieri a sud di Tripoli: lo ha annunciato venerdì sera il ministero della Sanità del governo di unità nazionale, citato dai media locali. Salgono così a 111 i morti – ma altre fonti danno la cifra di 120 vittime – dall’inizio delle ostilità nella capitale, il 26 agosto scorso, 365 i feriti.

Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha lanciato l’allarme per le crescenti violazioni del cessate il fuoco. Facendo appello a tutte le parti coinvolte nel conflitto per il rispetto della tregua annunciata il 4 settembre, Guterres ha chiesto lo stop di «ogni azione che potrebbe aumentare le sofferenze dei civili», di fatto presi in ostaggio dai combattimenti. «Chi viola il diritto internazionale deve essere chiamato a risponderne», ha detto il portavoce Stephane Dujarric.

E se per i civili libici la situazione è drammatica, quella dei profughi in Libia è disperata. «Dall’inizio di questa settimana l’Unhcr non ha più accesso diretto ai centri di detenzione ufficiali, che sono circa 18 nell’area di Tripoli, e da due giorni non abbiamo più accesso ai porti di sbarco dove vengono portati i migranti salvati in mare. Uno dei nostri partner libici, l’ong Libaid è entrata in alcuni centri di detenzione, e ci ha detto che la situazione è davvero tragica». Questa la dichirazione dell’inviato speciale per il Mediterraneo centrale Vincent Cochetel in un’intervista all’Ansa citata da altre fonti giornalistiche in questi giorni.