Mettete un concerto ospitato nell’ampio auditorium del Politecnico dell’ex capitale sabauda, pubblico curioso attento e.. digitale. Spetta infatti alla platea munita di smartphone scegliere l’andamento ritmico, il testo della lettura scenica dello spettacolo – nella fattispecie il progetto Eleven, nato nel 2011 nel centenario del manifesto sulla musica futurista e qui supportato per la parte musicale dal sassofonista Marco Tardito e l’ensemble Ossi Duri. È una delle tante declinazioni del Torino Jazz Festival, la cui settima edizione si è chiusa con 25 mila presenze (3 mila in più della precedente) e l’annuncio delle date della prossima che si svolgerà dal 26 aprile al 3 maggio 2020. Un festival dove trovano spazio differenti linguaggi e stili, sotto la direzione artistica di Diego Borotti e Giorgio Li Calzi, che quest’ anno ha puntato sulle produzioni originali frutto di residenze artistiche. «Vorremmo che la musica, specialmente quella che non bada al marketing – sottolineano nelle note del programma i due direttori – e conserva la matrice dell’umanità, possa avere un effetto di costruzione di comunità intorno alle pratiche ed ai valori artistici condivisi».

CONDIVISA come la musica del pianista Giovanni Guidi in quintetto con Francesco Bearzatti (sax tenore), Roberto Cecchetto (chitarra), Thomas Morgan (contrabbasso), Joao Lobo (batteria), pronta ad esplorare nel nuovo set un’inedita ricerca sul versante melodico partendo dal capolavoro di Leo Ferrè Avec le temps – titolo anche del suo recente progetto discografico inciso per Ecm, per poi sviluppare improvvisazioni che coinvolgono il sassofonista in digressioni su territori diversi. È il caso della ripresa dell’Internazionale dedicata dal musicista perugino alle ong e alle navi che non sono «complici dei criminali» ma «salvatori di vite umane». Nello sviluppo collettivo delle esecuzioni Guidi mantiene un basso profilo tessendo gli impianti armonici su cui si innesta la ritmica che costruisce solide fondamenta per l’architettura dei pezzi.

ALL’AUDITORIUM del grattacielo Intesa Sanpaolo, il trio torinese Accordi Disaccordi ha celebrato Django Reinhardt e il gipsy jazz francese – ospite il violinista Florin Niculescu – alternando composizioni originali e standard, alle letture di brani dalla biografia di Reinhardt lette dall’attore e regista Giorgio Tirabassi. I concerti alle Ogr – nel corso delle nove serate sono saliti fra gli altri sul palcoscenico Joshua Redman, Fred Frith, Enrico Pieranunzi, Jon Balke, Randy Brecker, Bugge Wesseltoft – si caratterizzano sulla mescolanza di generi. Ispirandosi alle musiche di Louis Thomas Hardin meglio conosciuto come Moondog – visionario cantautore e compositore statunitense, diviso tra gli amori per la classica, la vita di strada e la poesia beat, Stefano Risso con il suo quartetto Lapsus Lumine – supportato nella data torinese dalla batteria di Jim Black e dal violoncello di Ernst Reijseger, accanto a partiture originali ha composto nuovi brani per un set di forte suggestione. Tutto è pensato come un unico strumento, le voci di Giulia De Val, Sabrina Oggero Viale, Erika Sofia Sollo lanciano melodie che si intrecciano in armonia e in contrappunto con gli strumenti.

Kyle Eastwood, foto di Alessandro Bosio

«MUSICA SCANDINAVA ma senza il sound scandinavo», così definisce il pianista Bugge Wesseltoft lo stile del gruppo che lo vede protagonista insieme a due terzi degli svedesi E.S.T. – Dan Berglund al contrabbasso e Magnus Östrom alla batteria. Afflato rockeggiante, il trio gioca su impasti sonori dove spiccano contrabbasso e ritmiche tonanti ma dove a guidare è il pianoforte, che disegna oscure ma fascinose melodie, in un alternarsi di momenti più riflessivi e malinconici ed esplosivi passaggi corali. Sempre fra le ampie volte dell’ex officina grandi riparazioni, il progetto speciale Gran Torino elaborato dal polistrumentista Kyle Eastwood accompagnato dal sax di Stefano Di Battista. In un curioso montaggio di citazioni e suite, Kyle riprende alcune colonne sonore da lui stesso composte per i film del padre Clint – tra queste Mystic River, Million Dollar Baby, Invictus con un omaggio al maestro Morricone in una versione per sax e contrabbasso del tema di Nuovo Cinema paradiso. Un progetto – ha spiegato Di Battista- che non si fermerà a Torino ma verrà proposto nei prossimi mesi in un tour: «Ci siamo concentrati molto sulla semplicità pur rimanendo in un contesto che ha una matrice jazzistica importante, per cui andiamo a prendere anche brani di Mingus e standard americani di un certo tipo, anche riarrangiati, senza perdere di vista l’originalità»

GROOVE IPNOTICI e sonorità abbacinanti per il quartetto guidato dal chitarrista Eivind Aarset, vero virtuoso dello strumento folgorato – raccontano le cronache – dalle performance di Jimi Hendrix. Nel set presentato a Torino – seduto di spalle al pubblico intervallando gli assoli di chitarra con manipolazioni elettroniche – costruisce lunghe suite tra avanguardia e nu jazz su originali paesaggi sonori. Un crescendo che da note tenui innesca a catarsi un prepotente muro del suono. A chiusura del Tjf l’incontro fra una delle grandi voci della tromba jazz europea Flavio Boltro e Michel Portal. L’ultraottantenne polistrumentista di Bayonne è ospite dei sessanta minuti live del BB Trio che vede assieme a Boltro il contrabbasso di Mauro Battisti e la batteria di Mattia Barbieri, in un repertorio punteggiato da influenze rock e folk. Sfida gli ottant’anni – li compirà il 20 agosto ma non li dimostra – Enrico Rava protagonista di un energico set insieme al suo New Quartet (Gabriele Evangelista al contrabbasso, Francesco Diodati alla chitarra, Enrico Morello batteria).
Un confronto centrato e ispirato fra l’interplay e la freschezza tecnica dei giovani musicisti coinvolti con la lunga esperienza internazionale e la direzione del trombettista. Tutti insieme propongono una musica che ha origine dal jazz per esplorare l’universo sonoro contemporaneo in una prospettiva che attraversa i generi e le generazioni. Come dimostra l’esecuzione di un capolavoro di Jobim, Ritratto in bianco e nero, riletto a tinte jazz in un duetto calibratissimo fra tromba e chitarra.