Occupy Pd, a Torino, aveva chiesto il «reset» della dirigenza. Il messaggio non era stato recepito fino a ieri, quando sul tavolo del partito arrivano le dimissioni del segretario regionale, Gianfranco Morgando, e di quello provinciale, Paola Bragantini.

Ma, non è come sembra. Le proteste della base c’entrano poco, niente «reset» ma dimissioni in «vecchio stile». Nascono in polemica, durissima, con le nomine dei sottosegretari del governo Letta. L’accusa: non c’è nessun piemontese nell’elenco proposto dal Pd nazionale. Tagliati fuori dal governissimo. «Sono senza parole – scrive Morgando, in una lettera al presidente dell’Assemblea regionale, Andrea Giorgis – viene penalizzata in modo indegno l’unica grande regione del nord in cui il Pd ha conquistato il premio di maggioranza al senato e che ha contribuito con 34 eletti alla composizione della nostra rappresentanza parlamentare. Si impedisce al Pd del Piemonte di dare il suo contributo, nell’azione di governo, alla soluzione dei problemi drammatici della nostra Regione. Lo giudico un atto di insipienza politica gravissimo, oltreché un oltraggio alla nostra dignità ed al nostro impegno di questi anni. Adesso, capisco le difficoltà di interlocuzione di questi giorni, gli imbarazzi dei colloqui, i telefoni che suonavano a vuoto e i messaggi senza risposta».

Morgando, già sottosegretario – nel governo D’Alema (Industria) e poi nel Amato II (Tesoro e Programmazione economica) – era, alla vigilia, considerato uno dei papabili; anche Andrea Giorgis, sponsorizzato da Violante, sembrava avere qualche chance. Ex popolare ma vicino a Bersani, Morgando teme che proprio la vicinanza a quest’ultimo possa avergli nuociuto.

Poche ore dopo, ecco le dimissioni di Paola Bragantini, in una lettera inviata a Mauro Marino, presidente dell’assemblea provinciale: «L’avere composto il quadro del governo senza in alcun modo tenere conto delle espressioni territoriali è solo l’ennesimo segnale di una indifferenza, se non proprio di un franco disprezzo, nei confronti di chi rappresenta il partito ai livelli locali. Una modalità di operare che non sorprende, ma che ormai è diventata insostenibile». E, mentre anche nel Pdl, monta la rabbia contro Roma, per l’esclusione di esponenti piemontesi dall’esecutivo Letta, Giorgio Merlo, ex parlamentare Pd, ha chiari i mandanti: «Il duo Franceschini-Zanda, con l’avallo tacito del partito romano, ha umiliato il Pd piemontese».