Compresso nella follia festivaliera autunnale è cominciato martedì scorso il Tokyo International Film Festival, arrivato alla sua ventinovesima edizione. Un’età che dovrebbe oramai corrispondere ad una certa maturità, ma che invece ci regala una manifestazione che si colloca di fatto ancora alle periferie del movimento festivaliero internazionale. I motivi sono i più disparati, una certa provincialità ed insularità nelle scelte troppo nipponcentriche che riflettono la situazione del cinema di casa, ma anche naturalmente la feroce competizione dei altri festival asiatici, Busan su tutti.
I film di richiamo e nel particolare quelli che partecipano alla competizione sono così dei titoli già visti nei festival durante questo 2016, fra gli altri saranno qui proiettati il giapponese Harmonium, The Neon Demon, Il racconto dei racconti di Garrone, The Birth of a Nation ed il documentario Hitchcock/Truffaut, insomma opere tutte di vario e notevole interesse ma che arrivano nella capitale giapponese quasi come ultima tappa del loro percorso. Detto questo però il festival offre, come succede del resto in molti altri eventi di questo tipo anche a livello internazionale, più di qualche motivo di interesse in alcune delle sue sezioni collaterali, luoghi che sono oramai diventati di fatto le sezioni se non più frequentate, almeno quelle più attese e alle quali gli esperti del settore e il pubblico degli appassionati tendono a rivolgersi.

Ecco allora che le due sezioni più ricche di sorprese e vere e proprie esplorazioni cinefile sono Crosscut Asia, dedicata ai giovani talenti del vasto continente, che quest’anno si focalizzerà sul cinema proveniente dall’Indonesia, e Japanese Cinema Splash dedicata alle nuove leve, o almeno a prodotti che girano al di fuori dei grandi circuiti, del cinema del Sol Levante.
Proprio quest’ultima sezione negli anni recenti ci ha regalato alcune perle di cinema indipendente come Live Tape di Tetsuaki Matsue e 100 Yen Love di Masaharu Take. In questa edizione le opere da seguire sono certamente Poolsideman di Hirobumi Watanabe già autore di due lungometraggi che molto hanno diviso il pubblico e la critica negli scorsi anni, dove uno stile a metà strada tra lo Slow Cinema, il rigore formale di Bela Tarr si mescola a delle atmosfere alla Jim Jarmusch. Altro interessante autore che porterà a Tokyo il suo ultimo lavoro, Same Old Same Old, è Rikiya Imaizumi capace come pochi altri di mischiare comicità e situazioni surreali in uno stile molto personale, così come da tenere d’occhio è Shin Adachi, sceneggiatore del già menzionato 100 Yen Love che qui esordisce con 14 That Night, ancora una volta un’esplorazione della vita nelle periferie urbane.

Essendo il TIFF il maggior festival giapponese, non potevano mancare le animazioni, quest’anno poi che Your Name di Makoto Shinkai è in testa al botteghino da due mesi ed è diventato il film che più ha incassato in questo 2016 e diventerà uno dei maggiori successi nella storia del cinema nipponico. Hosoda Mamoru (Wolf Children, The Boy and the Beast) è assieme a Shinkai stesso forse il più talentuoso regista nipponico del post-Miyazaki ed il festival gli dedica una retrospettiva con la proiezione di molti dei suoi lavori.
Completa il programma la sezione decicata ai classici, saranno proiettate le versioni rimasterizzate di Tokyo Olimpiad con cui Ichikawa Kon raccontò a modo suo le Olimpiadi di Tokyo del 1964, di due lavori meno conosciuti di Kinji Fukasaku, Virus e The Legend of Eight Samurai, e di due capolavori di Kenji Mizoguchi e Mikio Naruse, I racconti della luna pallida d’agosto e Floating Clouds.

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