La frontiera Usa/Messico continua a raccontare le storie delle diverse carovane migranti partite dal centro America e che ora aspettano al confine. Per Noam Chomsky sono la miseria e gli orrori generati dagli Stati Uniti ad aver creato le condizioni alla base dell’esodo migratorio. Secondo la polizia migratoria messicana parliamo di 9471 migranti sparsi lungo il confine tra Messico e Usa. Di questi i dati governativi raccontano di 4080 che hanno accettato i rimpatri assistiti e di un migliaio di migranti detenuti, cioè quelli che hanno cercato di entrare illegalmente nel paese a stelle e strisce. Con la costante crescita dei numeri si fanno anche più critiche le condizioni igieniche e di salute dei campi «d’accoglienza» per i migranti, soprattutto a Tijuana, dove la maggior parte dei migranti sono concentrati.

A rendere tutto più difficile le pesanti piogge che hanno trasformato i centri sportivi in fiumi di fango, e reso più difficile la vita di chi non avendo trovato posto nei ricoveri tijuanensi dorme per strada e in tende da campeggio ai lati delle vie. Andres Manuel Lopez Obrador, neo presidente messicano, la settimana scorsa ha promesso un suo intervento per migliorare le condizioni d’accoglienza a Tijuana. Intervento che avrebbe dovuto coinvolgere governo statale, federale e locale e che prevederebbe la revisione dei luoghi di ricovero e il rafforzamento dei dispositivi di protezione umanitaria. Il condizionale resta necessario visto che per ora nulla si è modificato. Il tempo dell’attesa, mischiato alle forti problematiche di vita al confine, spingono sempre più persone a mettersi nella mani dei coyotes, cioè chi, dietro lauto pagamento, porta, illegalmente, i migranti al di la della frontiera. Qualche settimana fa «il passaggio» costava 700 dollari, adesso dai 3000 in su. Alcuni chiedono anche 8000 dollari cioè quanto veniva chiesto per il viaggio completo dall’Honduras agli Usa.

In tanti cercano così lavoro a Tijuana e provano a prenotare un viaggio. Chi non ha i soldi per i coyotes prova a scavalcare il muro, e a consegnarsi alle forze di frontiera, sperando di velocizzare le pratiche di richiesta asilo. Dieci donne continuano lo sciopero della fame, iniziato otto giorni fa, accompagnate da attivisti di centri dei diritti umani, chiedono che le richieste di asilo vengano visionate più velocemente.

Tijuana è la trappola perfetta, il luogo dopo il sogno americano si trasforma in incubo messicano, dove superare la frontiera pare impossibile e dove si è troppo lontani dal centro del Messico per tornare sui proprio passi, anche perché la dimensione collettiva che aveva garantito la velocizzazione del viaggio e forza si sta perdendo. Sempre più velocemente dopo gli scontri alla frontiera del 25 novembre.

Ad aggiungere elementi di dubbi la notizia che, a novembre, gli arresti sulla frontiera tra Stati uniti e Messico sono saliti del 78% rispetto a un anno fa. Famiglie e bambini sono la maggioranza dei fermati per il terzo mese consecutivo.