Come avvisaglia molto chiara. Il giorno prima della scadenza per la presentazione del nuovo piano industriale, Arcelor Mittal annuncia la cassa integrazione per tutti i dipendenti di Taranto. La richiesta di proroga della Cig ordinaria per 8.157 dipendenti dell’acciaieria più grande agita dunque la vigilia dell’ennesimo giorno decisivo della vertenza ex Ilva. Oggi scade il termine di 10 giorni concessi dal governo, che si è già dichiarato disponibile a coinvestire nella nuova compagine societaria, ma non c’è ancora una convocazione da parte del Mise. «Le parole – osserva il leader della Uilm Rocco Palombella – sono importanti ma poi sono i fatti che contano: se da una parte si sollecita la tranquillità, dall’altra si tengono le carte coperte. Io temo che si voglia nascondere qualcosa, che sia in arrivo una doccia fredda». Ieri intanto il direttore del personale di ArcelorMittal Arturo Ferrucci ha inviato alle organizzazioni sindacali la comunicazione relativa alla nuova richiesta di proroga, a partire dal 6 luglio.
La sorpresa sta nel fatto che questa volta non ci sia come casuale il Covid, per un massimo di 8.157 dipendenti dello stabilimento di Taranto, ovvero per «l’intero organico aziendale al netto della struttura dirigenziale». Nel documento poi, a differenza di altre occasioni, non è indicata la ripartizione del personale interessato e si parla di «un periodo presumibile di 9 settimane».
Nell’incontro in videoconferenza del 25 maggio, alla presenza dei ministri Patuanelli, Gualtieri e Catalfo, l’ad Lucia Morselli aveva confermato gli impegni della multinazionale dell’acciaio a «mantenere l’integrità degli impianti di Taranto e la sua importanza a livello europeo». L’azienda, che in base agli accordi con il governo ha facoltà di mollare l’ex Ilva a novembre pagando una penale, ora spiega nella richiesta di Cigo di trovarsi «nelle condizioni di dover procedere a una riduzione della propria attività produttiva a causa dell’emergenza epidemiologica Covid-19 ancora in atto». E che gli effetti della pandemia continuano «ad avere riflessi in termini di calo delle commesse e ritiro degli ordini prodotti, considerato altresì il blocco di parte delle attività produttive, manifatturiere, distributive e commerciali».
Per Francesco Brigati della Fiom Cgil «quello che sta accadendo è assurdo. Si prendono decisioni sulla pelle dei lavoratori e l’azienda continua a non fornire risposte».