Dal 23 giugno al primo luglio, la Festa di Teatro EcoLogico animerà per la quinta volta Stromboli, dove offrirà gratuitamente nove giorni di teatro, arte, musica e danza a spina staccata: senza l’invasivo supporto della corrente elettrica per illuminazione e amplificazione. Il pubblico vedrà grazie alla sola luce naturale – fuoco, torce, candele – e gli artisti dovranno contare esclusivamente sulla propria nuda voce. Gli effetti speciali torneranno prerogativa della natura, come fu norma fin oltre la metà dell’Ottocento.

«Nella storia della musica e del teatro la corrente irruppe intorno al 1870», dice il regista Alessandro Fabrizi, direttore del festival insieme all’attore Hossein Taheri. «Oggi sembrerebbe impossibile immaginarne l’assenza. Noi andiamo però a sfidare proprio ciò che sembra scontato, proponendo un’isola di disinquinamento acustico: lo spettatore è meno passivo, tende l’orecchio per ascoltare meglio. Una luce unica illumina inoltre tanto gli attori quanto il pubblico: si istituisce così una relazione paritaria in cui la magia nasce non dalla divisione gerarchica degli spazi, ma dalla comune passione».

Meravigliose Creature, il titolo scelto per il 2018, mette al centro della scena, che ha per quinta la forza generatrice del vulcano, esseri immaginari che hanno attraversato la letteratura mondiale estendendo oltre misura i confini del pensabile. Metaforici specchi che riflettono la paura umana per il futuro, in equilibrio precario tra fiducia nella scienza e soggezione nei confronti di un ambiente che non vogliamo imparare a rispettare.

Il programma si declina intorno alla ricorrenza dei 200 anni dalla pubblicazione del Frankenstein di Mary Shelley, un romanzo ispirato all’eruzione del vulcano indonesiano Tambora, capace di alterare il clima terrestre con violenza tale che il 1816 divenne «l’anno senza estate».

«In quella pallida estate due affascinanti giovani, Mary e Percy Bysshe Shelley, alla ricerca di meteo migliori abbandonarono l’Inghilterra per raggiungere a Ginevra l’amico Lord Byron», spiega Fabrizi.

Non che in Svizzera il tempo fosse diverso: i lampi squarciavano il cielo e le continue piogge costringevano i tre a restare in casa. «Fu così che Byron sfidò la coppia a chi scrivesse il racconto di fantasmi più tenebroso», prosegue il direttore. A vincere fu Mary, che impiegò due anni per dare forma al suo Frankenstein, pubblicato nel 1818 nella prima edizione, che lo stesso Fabrizi sta traducendo per Neri Pozza.

Il protagonista è un ibrido tra organico e inorganico, tacciato di cattiveria dal padre scienziato. «La creatura, tuttavia, accusa a sua volta il creatore», dice Fabrizi. «E per difendersi usa argomenti ecologici, perché lui è un vegano ante litteram che mangia bacche e noci. “Io non uccido altri animali”, replica al dottore».

Il mostro, moderno Prometeo figlio del sonno della bioetica e del delirio di onnipotenza di un galvanismo appena sperimentato, è così significativamente protagonista di un festival in cui di elettricità non c’è traccia. In una lettura interamente al femminile, a dare voce alla Mary Shelley tradotta da Fabrizi saranno Cristina Donadio, Silvia Gallerano, Manuela Mandracchia, Milena Mancini e Maya Sansa. Dell’eruzione del Tambora parleranno invece Micol Tedesco e Guido Giordano, esperti dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.

«La favola del dottor Frankenstein e del suo esperimento, scritta per rielaborare il lutto di una straordinaria crisi climatica, è pervasa da quella sensazione che Freud definì “il perturbante”», racconta Hossein Taheri. Il padre della psicoanalisi la attribuì a quegli esseri che prosperano sulla soglia di confine tra animato e inanimato, ergendosi ad alter ego embrionali che all’improvviso prendono a dialogare con la psiche, mandandola in crisi. Extraterrestri in Terra, che ci scrutano nel profondo impietosi, trincerandosi nell’ossimoro di una somiglianza differente. «Partendo da Frankenstein viaggeremo avanti e indietro nel tempo, dalla statua resa viva da Pigmalione nelle Metamorfosi di Ovidio al burattino plasmato da Geppetto», anticipa Hossein.

Suggestivo, per le forme ibride utilizzate, in bilico tra opera lirica e commedia popolare, lo spettacolo del soprano d’arte Silvia Colombini, che il 25 giugno metterà in atto Corpora Creata. Cinque i personaggi rappresentati: Jessica Rabbit, che canterà con la voce di Musetta della pucciniana Bohème; il genio Frozen, tratto dal King Arthur di Henry Purcell; la bambola meccanica di Offenbach, immaginata come un giocattolo telecomandato e però riottoso agli ordini dei bambini tecno-dipendenti che vorrebbero dirigerla; la Madre di Pirandello, nella versione di Malipiero. E, soprattutto, un Pinocchio qui musicato da Francesco Marano, in cui il soprano si esibirà accompagnata dal fisarmonicista Adriano Ranieri. Una figura quasi cristologica, vicina all’interpretazione che Giorgio Manganelli diede del capolavoro di Collodi.

«Ho voluto che nel mio Pinocchio rimanesse impressa la scintilla vitale del burattino imprigionato e liberato dalla zavorra del legno dallo scalpello di Geppetto», racconta Colombini, che definisce la sua performance un “bozzetto d’arti”, sottolineando come non appartenga a nessun genere musicale o teatrale definito. Si tratta piuttosto di un’opera aperta, sempre in fieri, dove l’interazione con il pubblico è fondamentale.

«Con la narrazione mi sono fermata al quindicesimo capitolo, dove Collodi, nella prima stesura, faceva morire il burattino impiccato a un albero», continua Colombini. Parvero blasfeme le ultime parole pronunciate: “Oh babbo mio, se tu fossi qui!”. I lettori protestarono e l’editore pretese la resurrezione del burattino, poverocristo in croce, legno appeso al legno. Il Pinocchio di Stromboli non sarà mai più identico: nelle successive rappresentazioni si svilupperà in nuovi capitoli, varierà i testi e la musica. «In scena ci saranno due Pinocchio, uno in legno originale dei primi del Novecento, l’altro in carne ed ossa», conclude Colombini. «L’anima osserverà il suo stesso corpo impiccato e, nel momento finale, si chiederà: “Cosa sono stato? E il mio cielo qual è?”».