Nel libro Caos sublime, dichiarava la sua passione per Borromini per via «della costante presenza nella sua vita di un problema. Borromini ha avuto mille frustrazioni, ha dovuto vedersela con non so quante sconfitte… Amo Borromini per la sua triste genialità che guarda, magari macerandosi e sfidando la pazzia e il disagio mentale, al futuro».  Era il 2001 e per Massimiliano Fuksas stava iniziando il cantiere più ambizioso e complesso della sua carriera, una macchina scenica voluta dall’Ente Eur per un nuovo centro congressi della capitale che i romani avrebbero presto chiamato La Nuvola.

Sono passati esattamente 18 anni dai primi bellissimi disegni e pitture, seguiti da centinaia di modelli e immagini virtuali, e finalmente oggi dopo mille controversie, interruzioni, scandali, pagine e pagine di giornali, quello che lui aveva chiamato The Floating Space inaugura in pompa magna, con Renzi in prima fila, all’interno di un grande circo mediatico costruito dalla Rai, per un costo di 1 milione di euro, si vocifera, tra ballerini, attori e un concerto di Michael Bubblè. Lui non vorrebbe nemmeno andarci all’inaugurazione, ha dichiarato in questi giorni, ha paura della fine che possa fare in mano a una cattiva gestione un edificio che può far fruttare a Roma fino a 350 milioni l’anno.

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In questa sede sorvoliamo sulle beghe, le accuse, le critiche e pensiamo soprattutto all’aspetto poetico che informa l’intera vicenda. Non può essere un caso che sia Borromini il suo riferimento di eccellenza, né che come ispirazione spesso citi Il marinaio, scritto da Pessoa in una sola notte. La storia di un naufrago in un’isola deserta che inizia a sognare una patria, lui che non aveva mai avuto radici. Non avendo nulla intorno, costruisce la sua città immaginaria partendo dal paesaggio e non dall’architettura, pensando al paesaggio come a una geografia complessa, un contesto dove per primo dovrà vivere l’uomo.

La Nuvola è un grande sogno, coltivato con persistenza e una buona dose di ironia, un sogno che sembrava pronto a divenire l’ennesima rovina della capitale. E invece ora è lì, su viale Cristoforo Colombo, con le sue 37.000 tonnellate di acciaio e 58.000 mq di vetro. Un grande spazio per convegni e esposizioni che può ospitare fino a 6.000 persone, un complesso architettonico che si snoda secondo tre elementi principali, la Teca, con 7.800 mq di spazi pubblici, la Nuvola, con un auditorium per 1.800 persone, e infine la Lama, edificio autonomo che ospita 18000 mq di hotel per i congressisti.

Sin dall’inizio l’idea o l’utopia era quella di costruire un’architettura che non fosse «cristallizzata in nessuna forma». Questa grande struttura flottante ed evanescente è sospesa all’interno di una struttura regolare, che omaggia il razionalismo degli anni Trenta del quartiere Eur, in un contrasto tra caos e razionalità da sempre ricorrente nella sua ricerca.

L’immagine è quella di una maestosa lanterna che si trasforma se toccata dalla luce naturale e dal paesaggio circostante o con l’illuminazione notturna che la renderà un oggetto in continua trasformazione. Godiamoci il teatro, sperando che possa presto animarsi con eventi di qualità aperte all’interdisciplinarità.