Ha vinto l’astensione, superando la metà degli aventi diritto e fermando l’affluenza al 48% (9 punti in meno rispetto al 2016). Un record storico in negativo per Torino (in linea con il capoluogo lombardo), che registra uno scoramento e un disinteresse di un pezzo di città: escluso, volente o nolente, dalla corsa elettorale. Vent’anni fa, nel 2001, votò al primo turno delle comunali l’82,5%. Ed è nella periferia Nord, chiacchierata e forse dimenticata, dove oggi il dato della partecipazione si fa più ristretto: 43,4% nella Circoscrizione 5 (da Borgo Vittoria alle Vallette), 42,9% nella Circoscrizione 6 (da Barriera di Milano a Falchera). Un aspetto che verrà presto dimenticato ma su cui, invece, dovrebbero interrogarsi da subito i contendenti al ballottaggio: il candidato del centrosinistra Stefano Lo Russo (43,5%, aggiornato al 70% dei seggi scrutinati) e quello del centrodestra Paolo Damilano (38,9%).

Che quella di Torino sarebbe stata una sfida sul filo di lana è stato confermato dall’esito dell’urna, ma i sondaggi davano in testa l’imprenditore dell’acqua e del vino, sponsorizzato dal leghista Giancarlo Giorgetti, sul capogruppo uscente del Pd, che si è ritrovato, un po’ a sorpresa, in testa. «Un risultato incoraggiante, che è stato possibile – sottolinea Lo Russo – grazie alla grande compattezza della coalizione di centrosinistra. Si è conclusa la prima partita, da oggi inizia la seconda. L’avversario da battere è Damilano, la destra di Salvini e Meloni». Il Pd è il primo partito della città con il 28,6%, la lista civica di Lo Russo è sul 5% e Sinistra ecologista sul 3,4%. Fdi e la Lega, con il 10,5% ciascuno circa, si devono accontentare del secondo posto tra i partiti della coalizione neroverde, dietro a Torino Bellissima, espressione del candidato a sindaco. Un risultato che soddisfa più i meloniani che Matteo Salvini, che dopo essere stato uno degli artefici della candidatura Damilano, è stato lasciato solo proprio da quest’ultimo al comizio di Barriera, la scorsa settimana, appena dopo lo sconveniente caso Morisi.

Crollano i Cinque stelle, dal 30% all’8,5%. E sembra lontanissimo l’exploit di cinque anni fa che portò sullo scranno più alto di Palazzo di Città l’outsider Chiara Appendino e che trovò il suo bacino elettorale nelle periferie urbane che, invece, questa volta sono rimaste a casa. Un esito atteso ma che, rappresentando la maggioranza uscente, non può non segnare una sconfitta. Valentina Sganga si è fermata al 9,5%: «È un risultato che chiaramente non ci soddisfa, ma in linea con il trend nazionale». I suoi voti possono essere, però, decisivi al ballottaggio. Non darà indicazioni, né Lo Russo vuole apparentamenti, ma in campagna elettorale aveva precisato «mai con la destra». Ci sono ancora quindici giorni per capire come si ricalibreranno gli equilibri. L’alleanza giallorossa sotto la Mole non è mai sbocciata, nonostante le spinte, riprese nelle ultime ore, dei leader nazionali Enrico Letta e Giuseppe Conte. Lo Russo se l’è cavata così: «Crediamo che sotto il profilo dei diritti, dell’ambiente e della lotta alle disuguaglianze ci siano molti punti di contatto con gli elettori che non ci hanno votato al primo turno, ma potrebbero farlo al secondo turno».

A sinistra, lo storico Angelo d’Orsi che ha guidato con passione una coalizione di otto soggetti, da Rifondazione comunista a Potere al popolo, e ha ricevuto gli endorsement di Ken Loach, Alessandro Barbero e Ascanio Celestini, non è riuscito a raggiungere l’agognato 3%. Si piazza quarto tra i candidati con il 2,5%. Segue Ugo Mattei, 2,3%, che con la lista Futura si era posto l’obiettivo di trasformare Torino nella prospettiva dei beni comuni e ultimamente si è speso nelle battaglie contro il Green Pass.

Intanto, mentre Torino era impegnata in un più lungo scrutinio, in Val di Susa, precisamente a Mompantero (poco più di 600 abitanti), falliva il tentativo di Osvaldo Napoli – politico piemontese di lungo corso, già volto nazionale di Forza Italia, più volte deputato e sindaco in vari comuni, ora vicino a Giovanni Toti – di espugnare la roccaforte No Tav. Davide Gastaldo, candidato per la lista civica vicina al movimento contro l’alta velocità, è stato, infatti, eletto sindaco con oltre il 57% dei voti.