«Dal 5 dicembre la partita è cambiata. Dobbiamo costruire un nuovo centrosinistra. Noi lo proponiamo da anni, ma ora c’è una sinistra a sinistra del Pd disponibile senza mettere condizioni». Sandro Gozi, sottosegretario del governo Renzi in attesa di conferma, parla della nuova fase del Pd: la ricerca di un soggetto alleabile a sinistra. Ne discuterà con altri – sindaci come Pisapia e Zedda, esponenti dem come Cuperlo – lunedì a Bologna, ospiti del sindaco Merola.

Per il Pd è tornata l’ora dei ponti a sinistra?
Per la mia area, Campo democratico, quell’ora c’è sempre stata. Da sempre crediamo che sindaci come Merola, Zedda e Pisapia siano il meglio della sinistra di governo, quella che vince. Persone che per dialogare non avanzano precondizioni. Per capire: non dicono «Mai con il Pd di Renzi».

Chi dice «Mai con il Pd di Renzi» intende che la vocazione maggioritaria esclude le coalizioni. Infatti Renzi per mille giorni ha dato del gufo a chi da sinistra non era d’accordo.
Ci sarebbe molto da dire su quello che il governo Renzi ha fatto, dalla lotta alla corruzione ai diritti civili. Battaglie dentro il Dna della sinistra. Ma in ogni caso se vogliamo entrare nella nuova fase bisogna ricominciare dalle priorità politiche. Partiamo dal fatto che gli italiani hanno detto no alla riforma costituzionale perché si sentono insicuri: insicurezza economica, sociale e fisica. I ragazzi dai 25 ai 35 anni hanno detto No per la mancanza di certezze.

Proprio a quella fascia di giovani il jobs act non fornisce certezze, ma un lavoro, quando c’è, che può essere perso senza una giusta causa. La sinistra chiede di cambiare quella legge. Il sindacato è pronto a una battaglia referendaria. La cambierete?
Quella riforma offre ai più esclusi la possibilità di un lavoro. Quelli che erano stati lasciati completamente nel limbo della precarietà oggi hanno una chance in più.

Se hanno votato No vuol dire che non la pensano così. Comunque sul jobs act non tornerete indietro?
Non credo proprio. E il dialogo non può iniziare smontando pezzo per pezzo la stagione riformatrice di Renzi.

Vale anche per la cosiddetta ‘buona scuola’?
Sulla scuola ci sono molte cose da fare in dialogo con gli insegnanti e con i sindacati. Del resto il cambio al ministero ha un significato chiaro. E la ministra Fedeli è la persona giusta per riaprire il dialogo.

Vi conviene non modificare il jobs act e rischiare di essere di nuovo battuti in un referendum?
Se ci sarà il referendum vedremo.

I No sono stati oltre 19 milioni: Pisapia e Zedda hanno votato sì. Siete certi che siano interpreti della sinistra con cui volete dialogare?
Pisapia è un buon interprete di quella sinistra, non so se sia il migliore, ma si parla con chi risponde. L’esperienza di Milano indica che anche in città dove la destra ha governato, una sinistra che si assume la responsabilità di governo e allarga il campo progressista, come ha fatto Pisapia, vince.

A Milano il centrosinistra ha vinto perché la sinistra radicale, quella del No, al ballottaggio ha votato Sala. Da sola la coalizione di Pisapia non aveva i numeri.
Ora togliamoci le magliette. Il dialogo si fa con chi ha votato sì e chi ha votato no. Bisogna aprire a tutti. Poi ognuno farà le sue scelte. Anche perché mi pare che la sinistra del No non tragga assolutamente alcun dividendo politico dalla vittoria del referendum, che vede in prima fila da protagonisti Grillo Salvini e Meloni. In ogni caso, se dobbiamo ricostruire un nuovo campo democratico non si può ripartire dall’analisi del sangue reciproca ma da chi ha saputo essere l’interprete di un vasto campo a sinistra. Merola, Pisapia, Zedda, sono rappresentativi di questo.

Ripeto, ne è sicuro? A Cagliari ha stravinto il No.
Ripeto, se restiamo al referendum il dialogo non parte neppure. Bisogna cambiare tutti.

Anche Renzi deve cambiare? Fin qui verso la sinistra solo insulti e sfottò.
Tutti dobbiamo cambiare, anche Renzi. Per questo è già ripartito dal dialogo diretto con la gente su cosa è andato e cosa no.