Dopo il clamoroso no del capogruppo renziano in Senato Faraone alla lettera indirizzata da Pd, M5S e Leu alla presidente Casellati per velocizzare il cammino del ddl Zan, ieri è arrivata un’altra doccia fredda: in commissione Giustizia, mentre i giallorossi respingevano indignati il ricatto del presidente leghista Ostellari (riduco le 170 audizioni se ci sediamo a un tavolo per un testo condiviso), quelli di Italia Viva hanno aperto alla trattativa. Ottenendo in cambio come bocconcino da Ostellari il taglio della audizioni da 170 a 70, salutata dal renziano Giuseppe Cucca coma «una nostra vittoria».

L’allarme da arancione è diventato rosso. Ed è partito proprio dagli esponenti di Arcigay che in mattinata avevano incontrato i renziani. «Abbiamo ribadito che la legge contro l’omotransfobia deve essere approvata così com’è, senza prestarsi a ulteriori mediazioni con interlocutori che evidentemente vogliono indebolirla e svuotarla», racconta il segretario Gabriele Piazzoni di Arcigay. «I senatori di IV ci hanno detto che vogliono cercare questa mediazione, prospettiva che ci lascia fortemente allarmati».

Non sono i soli a preoccuparsi, visto che al dunque, quando si arriverà in aula (il Pd confida «all’inizio di luglio»), i 18 voti renziani saranno decisivi. Certo, il titolare della legge, Alessandro Zan, si dice sicuro che «dopo aver conyribuito a scriverla con la ministra Bonetti e averla votata alla Camera, IV non potrà fare il contrario al Senato».

Ma per affossarla le strade sono molte: basterebbe votare con la Lega qualche modifica, o addirittura scrivere un nuovo testo con la collaborazione del centrodestra. E del resto Faraone alla delegazione Arcigay ha ribadito «la necessità di una legge contro le discriminazioni omotransfobiche». Una legge, mica il testo Zan.

Nel Pd hanno capito l’andazzo: «Se IV vuole aprire un tavolo con Lega e Forza Italia significa che non vuole la legge Zan», dice Monica Cirinnà, consapevole che «Renzi ha come obiettivo fare del male al Pd e a Letta ». Ma qui la senatrice fa una pausa. E si rivolge direttamente a Renzi: «Ci sono tanti terreni su cui giocare una partita politica, ma non la legge Zan, non sulla pelle delle persone».

Franco Mirabelli, sempre Pd, vede la «partita politica che sta giocando Faraone». «Non vuole firmare nulla con noi del Conte 2, neppure una lettera a Casellati, si tiene le mani libere, vuole dimostrare che lui è altra cosa rispetto al centrosinistra». E perché? In Sicilia, terra di Faraone, le prove generali di intese col centrodestra sono in fase avanzata.

Da qualche giorno Iv con la sua costola locale «Sicilia futura» ha battezzato il «Grande centro», insieme a sigle centriste che sostengono già la giunta di Nello Musumeci (Fratelli d’Italia) come Udc, Cantiere popolare e Noi con l’Italia (leader nazionale è Lupi). Al ristorante dove è stato siglato il patto c’erano ben 4 assessori di Musumeci. «Non possiamo non essere dialoganti con la maggioranza all’Ars», ha spiegato Beppe Piccolo, uno dei renziani attovagliati. «Abbiamo ben 4 assessori in giunta…».

In Calabria stessa musica: da tempo il capo dei renziani Ernesto Magorno si prodiga in elogi del governatore supplente Nino Spirlì (Lega), dalla sanità al ponte sullo stretto. Magorno ha detto di voler avere mani libere a 360 gradi in vista delle regionali d’autunno. E sono in corso trattative col centrodestra. Sia che il candidato sia il forzista Occhiuto, sia che corra Spirlì.

Segnali, indizi. «Affossare il ddl Zan sarebbe una fiche che Renzi potrebbe giocarsi sui tavoli del centrodestra, un modo per accreditarsi», ragiona il deputato di sinistra Erasmo Palazzotto. «Sanno bene che modificare la Zan significa affossarla. Poi voglio vedere se Faraone si ripresenterà al Pride di Palermo…».