Si corre in nove e non in dieci per Palazzo Pubblico. E’ un peccato, perché i senesi, così legati alle loro tradizioni, avrebbero preferito una “carriera” elettorale secondo le secolari regole del Palio. Per giunta la contrada politica assente, quella del Movimento 5 Stelle, avrebbe potuto correre da protagonista anche se nel ruolo di outsider. Effetto diretto delle elezioni del 4 marzo scorso, in cui a Siena il Pd ha tentennato ma a conti fatti non è caduto, centrando l’obiettivo di eleggere l’ex ministro dell’economia Pier Carlo Padoan, l’ex viceministro Riccardo Nencini, e la senese Susanna Cenni. Confermandosi il primo partito.
Un’occhiata ai voti cittadini di marzo fa capire però che la partita per il sindaco resta aperta: il 38,3% del centrosinistra (con il Pd al 31,4%) non mette al riparo dalla rimonta di una destra salita al 31,5%, all’interno della quale la Lega (14,8%) non è stata egemonica rispetto a Forza Italia e a Fdi. Dal canto suo il M5S, fra litigi interni e le discusse candidature di Salvatore Caiata (già uscito del movimento) e Leonardo Franci, ex tesserato leghista, aveva comunque preso il 19,5%. Voti oggi in libera uscita, visto che i grillini senesi sono stati estromessi dalla corsa elettorale per il mancato arrivo della “certificazione”. In altre parole, della concessione del simbolo ai candidati locali.
Quanto ai potenziali beneficiari dei 5.900 recenti votanti Cinque stelle, in piazza del Campo e dintorni c’è solo l’imbarazzo della scelta fra nove candidati, 18 liste, quasi 550 aspiranti consiglieri. Il Pd, non senza fibrillazioni, alla fine ha deciso di appoggiare il primo cittadino uscente Bruno Valentini, che cinque anni fa la spuntò per soli 900 voti sul centrodestra “civico” di Eugenio Neri. A sostegno di Valentini c’è anche la lista civica In Campo, che cerca di raccogliere l’eredità di Siena Cambia, alleata decisiva nel 2013 con il suo 10%. Al ricandidato sindaco mancherà però il pezzo di partito che fa riferimento ad Alberto Monaci, highlander di scuola democristiana patròn della “lista Pinciani sindaco”, con l’ex margheritino Alessandro Pinciani. Sempre nell’area di centrosinistra ma non iscritto a forze politiche c’è poi David Chiti, con la sua Siena Doc e il sostegno dell’omonima associazione.
Il candidato civico per definizione è Massimo Sportelli, che è stato in grado di unire le istanze di cinque liste, da Siena Aperta a Nero su Bianco, da La Martinella a Sena Civitas. Immancabile poi la sua personale, Spqs, per completare uno schieramento destinato ad essere la spina nel fianco di uno dei favoriti alla vittoria finale, l’avvocato Luigi De Mossi. Quest’ultimo ha comunque tessuto per tempo una tela capace di portarlo, da frontman della sua lista civica “Voltare pagina De Mossi sindaco”, a candidato ufficiale della destra, con Forza Italia soprattutto, una Lega recalcitrante fino all’ultimo, e Fratelli d’Italia.
Segno dei tempi, arrivano per la prima volta a Siena i fascisti del terzo millennio di Casa Pound, con Sergio Fucito. Vecchia conoscenza dei senesi è invece Pierluigi Piccini, ex sindaco diessino ed ex dirigente Mps, che con la sua “Per Siena” è l’ennesima variabile, non di poco conto, nella carriera per Palazzo Pubblico. Alla quale partecipa anche Nadia Maggi con l’evocativa Siena alle Fonti, idealmente rintracciabile al centro dello scacchiere politico. Infine la sinistra, che dopo il 10,5% di Laura Vigni nel 2013 ha affidato ad Alessandro Vigni la candidatura a sindaco, e che alla conferma di Sinistra per Siena aggiunge oggi la lista di Potere al Popolo.