Duecento associazioni, comitati di genitori, centri antiviolenza, gruppi di insegnanti, cooperative sociali, spazi occupati, commissioni istituzionali di enti locali, case delle donne, reti femministe, case editrici per l’infanzia, compagnie teatrali e ludoteche di tutto il territorio nazionale, da Siracusa a Trieste, da Cosenza a Bergamo.

Decine di appuntamenti preparatori autoconvocati, da grandi città e piccoli centri,  da Milano a Monterotondo.

Sette tavoli di lavoro tematici previsti, con oltre cento interventi previsti da tutta Italia e selezionati attraverso una call pubblica.

Sono questi i numeri di Educare alle differenze, l’appuntamento del 20 e 21 settembre per stabilire sinergie e connessioni tra chi realizza progetti dedicati all’inclusione sociale, alla valorizzazione delle differenze, alla prevenzione alle violenze e alle discriminazioni fondate sull’identità di genere e sull’orientamento sessuale.

Nella due giorni emergeranno i punti di forza, le raccomandazioni e le buone pratiche di chi, nel nostro Paese, si occupa quotidianamente di formazione, dentro e fuori la scuola.

L’iniziativa, nata mesi fa da tre piccole associazioni per replicare a un clima reazionario e agli attacchi del vicariato contro una serie di progetti per l’educazione sentimentale, usati strumentalmente per screditare la scuola pubblica, è cresciuta oltre ogni previsione, grazie al passaparola e alla forza dell’autorganizzazione. Per il prossimo fine settimana si prevede l’arrivo di centinaia di persone da tutta Italia.

Il grande interesse che Educazione alle differenze ha suscitato è dovuto a un bisogno diffuso che affligge chi opera con l’infanzia e nelle scuole: rispondere alla trasformazioni sociali, alla crisi del lavoro che diventa crisi delle famiglie e dei modelli di genere, in modo articolato e sistematico, superando la frammentarietà, le progettualità annuali, le programmazioni discontinue e le attività rapsodiche.

La ministra dell’istruzione Giannini e il capo del governo Renzi non hanno questi temi tra le priorità della loro rivoluzione scolastica. Eppure, come ci ricordano le Raccomandazioni del Consiglio d’Europa, per promuovere la sicurezza sociale, per combattere il ritorno dell’eroina nelle strade, per contrastare il fenomeno delle baby squillo, l’esplosione di bullismo e la crescita delle ludopatie, l’unica strada è la predisposizione di politiche scolastiche e piani d’azione per promuovere l’uguaglianza e il rispetto di sé e delle diversità.

In una cultura individualista, competitiva e depressa, che si sente minacciata dal nuovo e dal diverso, la scuola è il primo spazio nel quale sviluppare la conoscenza reciproca e coltivare fiducia e curiosità. Ma non solo, è anche la risorsa privilegiata per aiutare il processo di sviluppo e consapevolezza della identità di genere e dell’orientamento sessuale, favorendo una crescita serena, la stima in se stessi e il dialogo in un clima positivo e accogliente.

Ci sono tanti modi per cambiare la scuola e grazie ad essa la società, aumentare il numero dei precari, sottopagare gli insegnanti e metterli l’uno contro l’altro, fortunatamente, non è l’unico.

* Associazione Scosse