FRANCESCA ANGELERI


Achille Lauro
 con Rolls Royce

  1. Ci piace molto. Con quell’andi da periferia chic. Ci piace perché non tradisce incertezze e la sua canzone funziona. è divertente ma non solo. E lui se la gioca alla grande

Anna Tatangelo con Le nostre anime di notte

6. Tatangelo fa bene il suo. Se la giocherebbe meglio se dietro a una storia sull’onda del gossip invece di celarsi su un “no non parla di noi” raccontasse qualche non detto.

Arisa con Mi sento bene

8. Brava Arisa. Già il giorno dopo si CANTAVA a memoria. Bel pezzo, allegro e super positivo. Crescere, a volte, può essere una bella cosa.

BoomDaBash con Per un milione

6. Anche e ginocchia partono subito. Il sound non proprio made in BoomDaBash parte subito e predispone all’estate.

Daniele Silvestri con Argento vivo

7. Premio della Critica praticamente assicurato da subito. È una canzone da genitore più che da cantautore come da sua ammissione. Testo potente e bel progetto.

Einar con Parole nuove

4. Va bene parlare d’amore anche quando si è bambini. Ma tutto deve essere rapportato alla realtà. Poca verità, poca sofferenza reale. Tanta noia.

Enrico Nigiotti con Nonno Hollywood

5. Ok la voce di Nigiotti ma abbiamo qualche dubbio sulla melodia e sul testo. Poco entusiasmo.

Ex-Otago con Solo una canzone

5. Anche se il testo è vero e sentito, sembra un po’ un’occasione persa. Si può dare di più. Parecchio di più. A Sanremo.

Federica Carta e Shade con Senza farlo apposta

61/2. Effetto Sanremo: dopo cinque minuti che l’hai sentita pensi: ma cos’è sta roba? E poi la mattina dopo in Piazza Colombo l’altoparlante che la diffonde. Ed è: carina.

Francesco Renga con Aspetto che torni

6. Francesco Renga canta dei suoi 50 anni senza che questi lo inducano neppure a un plissé. Le cose per lui sono cambiate ma nella voce e nel ricciolo non si nota.

Ghemon con Rose viola

8 ½. A partire dal titolo di pura poesia il pezzo è una scoperta deliziosa. Forse ancor più fuori dagli stereotipi di quanto lui creda. Ghemon può fare quello che vuole. Tutto è dentro di lui.

Il Volo con Musica che resta

6. In certi casi non importa ciò che piace alla stampa. Il volo a chi piace. Piace. A chi no, si può comprendere. Si nota una concreta diminuzione dello scimmiottamento lirico.

Irama con La ragazza con il cuore di latta

5. Tanta ambizione e tanta strada da fare per Irama, che ha già vinto tanto. Qui ancora non si è capito bene in quali tragedie immani sia passata la sua pulzella dal cuore di latta.

Loredana Bertè con Cosa ti aspetti da me

9. Tosta. Solida. Carismatica. Chi critica la minigonna o non la conosce o non si può permettere il corto. A essere delle top ci va pelo e voglia di vincere il lato oscuro della forza.

Mahmood con Soldi

71/2 Carina carina carina. Pezzo super orecchiabile che però non esclude contenuti interessanti. Bevo Champagne sotto il Ramadan ci piace. Senza offesa.

Motta con Dov’è l’Italia

7/8. Lui si chiede Dov’è l’Italia e noi la intravediamo in lui. Stile nuovo, ricercato (anche nel look azzeccatissimo e chic). Se la rischia e segna a suo favore.

Negrita con I ragazzi stanno bene

61/2 Sinceri. I Negrita fanno i Negrita. Se ti dicono una cosa tra le righe lo fanno con un tocco rock e lo stivale che comunque fa anche un po’ sangue, Va bene così.

Nek con Mi farò trovare pronto

6. Nek è un grande professionista. Tiene il palco con tre elementi principali: grinta, umiltà e occhi azzurri. La canzone non è da brividi ma già pompa dalle auto.

Nino D’Angelo e Livio Cori con Un’altra luce

6 ½ . Il duo D’Angelo-Cori ha certamente fatto una canzone con qualche difetto di comprendonio. A livello di lingua. Ma per quanto riguarda la melodia nulla da eccepire. Napoli c’è.

Paola Turci con L’ultimo ostacolo

8 Questo non è il Sanremo della sua renaissance ma quello della conferma della sua bellezza, classe, animalità da palco. Canzone bella e selvaggia. Da vera donna.

Patty Pravo con Briga con Un po’ come la vita

7. Al di là del “Colpo gobbo a Chinatown” che ha fatto Briga infilandosi a Sanremo con Patty Pravo, la canzone è bella. Godibile. A tratti sognante.

Simone Cristicchi con Abbi cura di me

6 ½. La svolta intima di Cristicchi dovrebbe essere letta oltre che ascoltata. La melodia inganna: È sempre Cristicchi. E invece no. Da fuori il suo sguardo si è spostato dentro. Ed è interessante.

Ultimo con I tuoi particolari

5. Non è brutta. Ma è talmente tanto Sanremo che è davvero troppo. Troppo Sanremo.

The Zen Circus con L’amore è una dittatura

6. Vanno bene i vent’anni di carriera. Forsanche di militanza. Ma la cosa bella della musica e ancor più dell’estetica è non ripetersi. Morbosamente.

 

STEFANO CRIPPA

Achille Lauro con Rolls Royce

7 Si sussurra che il lussuoso autoveicolo del titolo sia una metafora di una pasticca di ecstasy. Convincente grazie a un retrogusto un po’ british e qualche riferimento ai Placebo.

Anna Tatangelo con Le nostre anime di notte

4 Bella voce al servizio di un pezzo né carne né pesce come – a dire il vero – l’intero repertorio della cantante. Una carriera  folgorante più sui tabloid che negli annali della musica. Costante nella mediocrità.

Arisa con Mi sento bene

6 Look sbarazzino, intonazione perfetta: è un metronomo che non perde il tempo nemmeno quando si dimentica il testo (seconda serata). Il pezzo aggancia retaggi disco ’70 – quell’introduzione teatrale lenta – al pop dance degli ’80. Delizioso ma nulla più, è lei il vero valore aggiunto.

BoomDaBash con Per un milione

5 1/2 Il reggae da fm che ha trionfato la scorsa estate in coppia con Loredana Bertè, lascia il posto a un ritmo in levare più in sintonia con il festival. Ci perdono in freschezza ma il brano funzionerà lo stesso in radio

Daniele Silvestri con Argento vivo

9 Orchestrazione cupa, suoni sontuosi per la storia del sedicenne inghiottito in un mondo virtuale, il terrore di tanti genitori. Silvestri frequenta poco Sanremo ma quando lo fa colpisce nel segno, complice anche l’ottima intesa con Rancore.

Einar con Parole nuove

5 Figli di Maria (Amici) all’assalto del festival. Voce impostata e un po’ emozionata ma il pezzo è in perfetta linea con il target under 15.

Enrico Nigiotti con Nonno Hollywood

2 Quanta voce e quanto spreco per il cantautore toscano interprete e anche autore di questo inno al caro avo contrappuntata da curiose reminescenze () intonate su una melodia trascurabile.

Ex Otago con Solo una canzone

5 Quattro genovesi a Sanremo per una tormentata love story che culmina con: . Melodia anche garbata ma la titubante performance del cantante sul palco dell’Ariston non aiuta.

Federica Carta e Shade con Senza farlo apposta

4 Coppia assortita quasi da cartoon a colori accesi – non a caso nella serata dei duetti ospiteranno Cristina D’Avena. Pezzettino ad elevato tasso glicemico.

Francesco Renga con Aspetto che torni

5 Otto sanremo e nel 2005 vittorioso con Angelo. Non bisserà quella fortunata annata: colpa di un pezzo che – nonostante i navigati autori Bungaro, Chiodo, Parlato e lo stesso Renga – ha un buon refrain ma non decolla nel ritornello.

Ghemon con Rose viola

8 , colpisce nel segno l’artista avellinese con uno dei brani più originali (e risolti) del festival. Un elegante diluvio soul dal beat irresistibile

Il volo con Musica che resta

4 cantano gli ex tenorini di mamma Clerici, ora affidati alle amorevoli cure di Michele Canova che spruzza elettronica sul pop lirico del trio riuscendo anche a tenere a bada acuti e glissati per circa metà brano. Poi si arrende.

Irama con La ragazza con il cuore di latta

5 Il trionfatore di Amici 2018 – due album in dodici mesi e quasi 200 mila copie vendute, di questi tempi assoluta rarità – farà stragi fra gli under 15 anche questa volta. Gli ingredienti ci sono tutti: pizzico di trap, tanta melodia e testo melò.

Loredana Bertè con Cosa ti aspetti da me

9 La rinascita della cantante di Bagnara Calabra si completa dopo un album strepitoso (Libertè) rieditato con questo ottimo inedito scritto da Gaetano Curreri che fa tanto Vasco, ma l’interpretazione di Loredana aggiunge due voti al giudizio complessivo.

Mahmood con Soldi

8 Si è guadagnato la partecipazione al festival vincendo Sanremo Giovani. Timbro originale, ottimo rhyming e un pezzo robusto sia nella melodia fluida che nel testo (integrazione e mercato globale) efficace.

Motta con Dov’è l’Italia

8 ½ Non è un crooner – e ne è perfettamente consapevole – ma nella sua musica il cantautore livornese mette passione, impegno e rabbia. Dov’è l’Italia è un perfetto spaccato di questo travagliato paese che sta scivolando verso il baratro

Negrita con I ragazzi stanno bene

6 Per il ritorno a Sanremo dopo 16 anni, Mac Pau e Drigo fanno le cose per benino, con una ballatona rock dall’ampia melodia e ottima interpretazione ma che non fa scattare l’applauso.

Nek con Mi farò trovare

5 Lo Sting italiano non trova il brano killer e fa un onesto compitino che si ascolta ma nulla più.

Nino D’Angelo e Livio Cori con Un’altra luce

7 Qualche incertezza sul palco ma ascoltato nella versione da studio questo curioso impasto fra trap, melodie arabeggianti e tradizione napoletana – con immancabile autotune – ha però una sua ragione d’essere.

Paola Turci con L’ultimo ostacolo

6 canta l’artista romana in un’altra prova di inappuntabile eleganza ma un po’ di maniera.

Patty Pravo con Briga con Un po’ come la vita

7 Le premesse erano catastrofiche e invece l’incontro fra la diva veneziana e il rapper (dall’ottima vocalità va detto) capitolino funziona. Brano dall’arrangiamento sofisticato,  forse troppo per la platea sanremese.

Simone Cristicchi con Abbi cura di me

6 1/2  Il Cristicchi style colpisce ancora, tanto che gli scommettitori lo danno in forte ascesa nei pronostici per la vittoria finale. Brano arioso dal ricco arrangiamento su un testo decisamente ecumenico. Se ne impossesserà – statene certi è solo questione di tempo- Fiorella Mannoia.

Ultimo con I tuoi particolari

5 Due album nella top ten il rapper romano ha un piede assicurato– almeno secondo i sondaggisti – sul podio. Ma più che il brano le fan voteranno il personaggio.

The Zen Circus con L’amore è una dittatura

6 1/2  Un carillon e poi un lungo monologo, una canzone fatta di inciso ma senza ritornello su un testo imperioso che si muove tra impegno e militanza dal finale trascinante. Mezzo voto in meno per l’incerta interpretazione.

 

CECILIA ERMINI

 

Achille Lauro con Rolls Royce

10 Inarrivabile, tra il Syd Vicious di My Way e il Pacino di Scarface, ha un pezzo di rara potenza e intelligenza. Lo capiranno fra dieci anni.

Anna Tatangelo con Le nostre anime di notte

Autoanalisi spicciola in quattro minuti. Presenza, voce, stylist non mancano ma si rimpiangono i panni sporchi in famiglia di Andreotti.

Arisa con Mi sento bene

L’ottimismo scuola Tonino Guerra non indebolisce un pezzo già cult, degno delle migliori hit della Carrà.

BoomDaBash con Per un milione

Salento-reggae simpatico che però non lascia ricordi.

Daniele Silvestri con Argentovivo 

Rancore, il migliore freestyler italiano, impreziosisce un’ottimo pezzo-denuncia dall’arrangiamento strepitoso.

Einar con Parole nuove

Riuscissimo noi a trovare parole nuove per descriverne la pochezza.

Enrico Nigiotti con Nonno Hollywood

Celentanata” qualunquista al caciucco che non smuove un pelo.

Ex-Otago con Solo una canzone

Peccato che, dopo anni di onesta militanza indie, arrivino al grande pubblico con un pezzo così-così.

Federica Carta e Shade con Senza farlo apposta

Il duetto Fedez-Michielin ha creato, negli anni, epigoni mostruosi. Basta.

Francesco Renga con Aspetto che torni

Noi invece aspettiamo un suo pezzo che non sia la fotocopia dei precedenti cento.

Ghemon con Rose viola

Classe allo stato puro. Ha una maturità di scrittura che lascia senza parole. Grazie di esistere.

Il Volo con Musica che resta

n.c. Per citare il collega Filippo Mazzarella “L’antimateria della musica”. Esiste un solo Il volo ed era quello spiccato da Radius e Lavezzi.

Irama con La ragazza con il cuore di lattaI

La banalità del male. Disonesto e fuori luogo nel raccontare una vera storia di abusi.

Loredana Bertè con Cosa ti aspetti da me

Curreri fra gli autori è una garanzia ma, francamente, ha stufato questa ennesima dichiarazione “Ho sofferto solo io”.

Mahmood con Soldi

Una vera sorpresa, con una rima (Champagne/Ramadan) degna del miglior Gozzano (Camicie/Nietzsche).

Motta con Dov’è l’Italia

Afro-beat politico e cantautorale che conferma il suo poliedrico talento.

Negrita con I ragazzi stanno bene

Impossibile non voler bene a questi ragazzi ma purtroppo il loro ritorno sulle scene non convince.

Nek con Mi farò trovare pronto

L’ispirazione, ha dichiarato, proviene da Borges ma di realismo magico c’è ben poco.

Nino D’Angelo e Livio Cori con Un’altra luce

Liberato o no, Cori si conferma una delle voci più struggenti. Nino immenso, come sempre.

Paola Turci con L’ultimo ostacolo

Bella, brava, scollata ma, musicalmente, ormai non ne azzecca una.

Patty Pravo con Briga con Un po’ come la vita

Non le si perdona di aver coinvolto Briga ma gli errori madornali capitano, un po’ come nella vita.

Simone Cristicchi con Abbi cura di me

Preghiera e teatro-canzone. Non riesco a immaginare qualcosa di più vetusto e noioso.

Ultimo con I tuoi particolari

Struggente come pochi, pecca forse di eccesso di sicurezza e di un ritornello non all’altezza. Solo rimandato.

The Zen Circus con L’amore è una dittatura

Una gioiosa macchina da guerra musicale che rivendica il bisogno di collettività sociale e politica. Grandi.