Mentre l’Acropoli di Atene è al centro di polemiche per le passerelle di cemento che hanno coperto la roccia e le sue tracce archeologiche, sfigurando il paesaggio di uno dei siti più abbaglianti al mondo, un frammento di storia dell’antica Tessalonica – città dell’impero d’Oriente seconda per importanza solo a Costantinopoli – rischia di soccombere ai lavori di costruzione della metropolitana. A fine giugno, infatti, il Consiglio di Stato della Grecia si è espresso favorevolmente – seppur con un solo voto di scarto – riguardo alla rimozione delle vestigia rinvenute durante il cantiere della fermata Venizelos, una delle quattro previste nel centro storico di Salonicco, nell’ambito del progetto affidato alla società Attiko Metro.

NEL 2012, A CINQUE METRI di profondità sotto all’attuale piano di calpestio, è stato riportato alla luce un tratto del decumanus maximus – l’asse principale della città fondata da Cassandro, re dei Macedoni, verso il 315 a.C. e disposta secondo il piano ortogonale attribuito a Ippodamo di Mileto –, lungo circa ottanta metri. La strada, fiancheggiata da botteghe, s’interseca con un quadrilatero monumentale.
Globalmente, l’area archeologica ha un’estensione di 1500 mq. «È un ritrovamento di straordinario valore storico, in quanto evidenzia la stratigrafia di Tessalonica tra IV e X secolo d.C.», dice al Manifesto il bizantinista Yiannis Theocharis. Il decumano attraversava la città e univa, intra muros, i monumenti paleocristiani e bizantini, iscritti dal 1988 alla lista dell’Unesco. Ioannis Kaminiatis, uno storico del X secolo, lo descrive come un luogo pulsante di vita: «era più facile contare i granelli di sabbia sulla spiaggia che la gente che attraversava la strada e si dedicava al commercio».

MALGRADO QUESTA RICCHEZZA di testimonianze, nel 2020, il Ministero della cultura – sostenuto dal Consiglio archeologico centrale (Kas) – ha deciso di smantellare le rovine e depositarle temporaneamente a Kalochori (un villaggio della regione di Salonicco, ndr), con l’obiettivo di ricollocarle a Venizelos non appena la stazione sarà ultimata.
Da allora, l’Associazione degli archeologi greci di cui Theocharis è vice-presidente si batte per la salvaguardia delle emergenze archeologiche, affiancata dalla comunità di Salonicco, che con il motto «Crimine a Venizelos», esprime la propria rabbia davanti a un inaccettabile sopruso ai danni del patrimonio. Eppure, fin dal 2004, quando il progetto della metropolitana – un tunnel di quasi 10 chilometri e 13 stazioni – era in discussione, il Kas aveva previsto la scoperta di antichità nel centro storico e il IX Eforato di Antichità bizantine (organismo comparabile alle soprintendenze, ndr) aveva ipotizzato l’esistenza del decumanus maximus al di sotto della via Egnatia, l’arteria principale di Salonicco.
Dal 2013 al 2016 il Kas ha più volte cambiato parere, mostrandosi dapprima favorevole e poi contrario al distacco dei resti archeologici. Nel 2017 – in seguito al ricorso del Comune di Salonicco – Attiko Metro aveva accettato l’utilizzo della tecnologia «no dig» detta pipe jacking, che avrebbe consentito di preservare sia i monumenti che la stazione della metro, salvo tornare rapidamente alla posizione di inconciliabilità fra le due parti. La contesa ha dunque richiesto l’intervento del Consiglio di Stato.
«Noi dell’Associazione degli archeologi, abbiamo fatto sapere al governo che lo spostamento del sito di Venizelos è illegale perché, dal momento che esiste una soluzione tecnica per la conservazione in situ delle strutture antiche, queste sono inamovibili», dichiara Theocharis, il quale sottolinea anche che «se i sostenitori del trasloco l’hanno spuntata per un solo voto, significa che la giustizia è divisa e la decisione non ha valore sociale». «Porteremo avanti la battaglia – continua lo studioso –, perché sappiamo che una volta smantellato, il sito non sarà mai ricostruito nel luogo d’origine. Una tale operazione, infatti, sarebbe estremamente complicata e dispendiosa e non garantirebbe comunque l’integrità e l’autenticità delle vestigia riemerse. Anche le future ricerche nell’area della stazione Venizelos rischiano di essere compromesse».

A COLORO CHE RIEVOCANO, inopportunamente, il grandioso dislocamento del complesso templare di Abu Simbel in occasione della costruzione della diga di Assuan negli anni Sessanta del secolo scorso, Theocharis risponde: «È scandaloso che in uno Stato dell’Unione Europea si agisca come nella Turchia di Erdogan, dove la realizzazione di una diga ha spazzato via due anni fa il sito pluristratificato di Hasankyef. La violazione della tutela dei monumenti che sta per compiersi in Grecia, con la disapprovazione di Europa Nostra, dell’Icomos e persino di alcune istituzioni culturali statunitensi, rischia di isolare il paese dalla comunità scientifica internazionale». «Non bisogna dimenticare – conclude l’archeologo militante – che si tratta di un problema politico e ideologico. Vista da Atene, la cancellazione della storia bizantina di una città periferica qual è Salonicco, non costituisce un atto così deprecabile». Il cattivo esempio ai cittadini greci ed europei è servito.