Nel programma della sua campagna elettorale, il sindaco di Roma, Ignazio Marino, l’aveva messo nero su bianco: «Trasferire al Dipartimento politiche sociali le competenze dell’Agenzia per le tossicodipendenze». Obiettivo dell’operazione, «risparmiare sui costi di gestione e riarmonizzare l’intervento sulla persona integrandolo con il resto dei servizi».

A poco più di un anno dalla sua elezione, l’Agenzia capitolina per le tossicodipendenze (Act) resta al suo posto, vertici nominati dal precedente sindaco, Gianni Alemanno, compresi. Sulla vicenda in questione, Marino ha preferito non intervenire.

«14mila emendamenti»

A Erica Battaglia (Pd), da otto anni presidente della Commissione politiche sociali di Roma Capitale, l’onere di spiegarci cosa è successo. «Non riusciamo a raggiungere l’obiettivo a causa dell’opposizione fatta da Fratelli d’Italia, che ha presentato 14.000 emendamenti. Proprio per questo, l’esame del provvedimento non è stato nemmeno calendarizzato, stiamo cercando di far capire all’opposizione che così facendo staremmo bloccati 6 mesi a parlare dell’Agenzia». L’Act, creata addirittura nel lontano 1996, è del resto diventato il feudo di Fratelli d’Italia.

Nel 2009, l’allora sindaco nomina presidente dell’Agenzia, Massimo Canu, psicologo e psicoterapeuta, cresciuto nelle file del Movimento delle associazioni di volontariato italiano, protezione civile e servizi sociali (Modavi), fondata tra gli altri anche dallo stesso Alemanno e che vede come sponsor principali Fabio Rampelli e Giorgia Meloni (rispettivamente, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera e presidente del partito). Da quel momento in poi «vengono emessi una serie di bandi molto discutibili (…) che sembrano fatti apposta per cambiare gli equilibri e abbassare gli standard dei servizi per le dipendenze», denuncia nel marzo 2012 un dossier Dossier sui finanziamenti della Capitale nel settore tossicodipendenze, realizzato dal Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (Cnca) del Lazio e dal Roma Social Pride. Perché nonostante il bilancio elevato dell’Agenzia, soltanto dal Comune tre milioni di euro nel 2012 e 3,5 milioni l’anno prima, cui si aggiunge almeno un altro mezzo milione dalla Regione, il taglio dei servizi è sotto gli occhi di tutti. I centri diurni sono passati da 6 unità con capacità ricettiva fino a 10 persone ad appena 2, all’interno dei quali chiedono ora di accogliere addirittura 30 pazienti. Quelli notturni, sono passati da 3 unità fino a 10 persone ad uno solo effettivamente attivo (con presa in carico richiesta di 15 persone). Cancellato anche il servizio telefonico Pronto Aiuto, gestito da Villa Maraini, come del resto i programmi di orientamento, formazione e reinserimento socio-lavorativo, attivati dalle precedenti Giunte in collaborazione tra Ser.T., Centri per l’impiego, imprese e no-profit, servizi sociali dei Municipi, dei Comuni e del terzo settore. «Vogliamo tornare proprio a quel modello di approccio integrato, efficace ed efficiente – continua la Battaglia – senza un’Agenzia esterna ma riportando il tutto all’interno del dipartimento. Avremo così anche un maggiore controllo delle risorse, che già sono scarse e non vorremmo venissero impiegate male».

«Struttura costosissima»

La situazione sul campo appare infatti in contrasto con quanto scrive la stessa Act nella sua ultima relazione annuale, quella 2013, quando parla di «successi», ma anche di «validità dell’approccio proposto e rispondenza dei servizi erogati con i bisogni della città, espressi e rappresentati». Rosa D’Aniello, da anni al lavoro su questi temi e della Federazione Internazionale Città Sociale/Consorzio Mediterraneo Sociale che conta una trentina tra comunità e cooperative, non è affatto d’accordo: «È una struttura costosissima rispetto alla funzione che esercita, con scarsi risultati. Era nata con l’obiettivo di creare un raccordo tra la politica, sia nazionale che locale, e gli operatori. Ma di fatto ha persino rallentato l’erogazione dei finanziamenti, poiché cooperative e comunità devono comunque passare dall’Act che si occupa dei bandi, degli affidamenti e dell’erogazione dei fondi».

La D’Aniello ricorda poi «l’approccio, dal punto di vista politico di tipo restrittivo col mancato accoglimento di politiche quali la riduzione del danno». Dello stesso avviso anche Mario German De Luca, della già citata Cnca Lazio. «L’Agenzia di per sé nacque 15 anni fa per far dotare il Comune di una propria politica in materia. Il problema sono gli interventi messi in campo, a mio parere di pura propaganda, perché in Italia è stato tutto iperpoliticizzato». Sempre la relazione 2013 dell’Act parla ancora di «eccezionali risultati ottenuti all’interno dei servizi di prevenzione e promozione di stili di vita sani».

La campagna : «Ma de che!»

Lo scorso Natale, la città è stata ad esempio tappezzata da manifesti sulle varie sostanze, con frasi come «Marijuana? Ma de che! Moltomeglio il muschio sotto l’albero», oppure «Cocaina? Ma de che! Moltomeglio lo zucchero a velo» e così via. Una campagna pagata con denaro pubblico, che aveva suscitato l’ilarità generale, soprattutto sui social network. «Una cosa vergognosa, contro la quale abbiamo fatto anche dei comunicati stampa», taglia corto la presidente della Commissione politiche sociali del Comune di Roma. Che poi aggiunge: «L’uso del denaro pubblico deve essere oculato e basato sulle reali esigenze degli utenti, ai quali il servizio si rivolge.

Dopodiché, anche l’impoverimento generale dei servizi, lascia immaginare una mancanza di capacità organizzativa e di pianificazione dell’Agenzia». Ma se la volontà di cambiare approccio sembra chiara, come attuarla? «Abbiamo davanti due strade: aspettare la scadenza dei contratti dell’Act di ottobre, per aprire una nuova stagione con una nuova classe dirigente, oppure, la soluzione auspicata da Marino per superare quel modello», spiega ancora la Battaglia. La quale assicura: «Lo staff del sindaco sta studiando una soluzione B per internalizzare il servizio».