Non è stato facile, visto il contesto e le condizioni di partenza, ma la piazza romana della manifestazione nazionale «Europe for peace» di quest’oggi è pronta a essere riempita da migliaia di persone.

La macchina organizzativa si è messa in moto e dopo i giorni dei (necessari) chiarimenti la piattaforma ha assunto caratteri delineati e centinaia di pullman e qualche treno si muovono alla volta della capitale. I contenuti, intanto: parte della condanna, senza alcun tentennamento, dell’operazione bellica innescata da Putin: «Chiediamo l’immediato ‘cessate il fuoco’ e il ritiro dell’esercito russo dentro i propri confini». I pacifisti cercano anche di andare alle radici del conflitto e delle possibili vie d’uscita: «Servono ponti e solidarietà fra i popoli e si costruiscono con diritti e democrazia, non con missili terra-aria e mitragliatrici. Nessuna guerra è mai stata fermata dal riarmo». Oltre alla Rete per la pace e il disarmo, che si è fatta carico solo pochi giorni fa della convocazione della manifestazione, ci saranno Arci, Acli, Libera, Emergency, Legambiente, Movimento Nonviolento, Un Ponte Per, Rete della Conoscenza, Associazione delle Ong italiane, Anpi, Greenpeace, Attac, Fairwatch e gli operai «insorgenti» della Gkn di Campi Bisenzio.

Le tante anime del corteo si riconoscono anche dai diversi appuntamenti di partenza. Quello unitario è alle 13.30 a piazza della Repubblica. Qui saranno anche Sinistra italiana, Rifondazione comunista, alcuni esponenti di Leu e del Partito democratico. Le associazioni che fanno parte della Convergenza per la Cura si ritrovano davanti al Cinema Space Moderno. I movimenti del cartello «Roma contro la guerra», tra i quali i centri sociali e gli studenti della Lupa, partono dalla vicina piazza dei Cinquecento dietro lo striscione «Disertare la Guerra. Né con Putin né con la Nato, nessun’arma, nessun soldato!». La Rete dei comunisti dà invece appuntamento a piazza dell’Esquilino.

La Cgil nei giorni scorsi aveva chiesto ai promotori del corteo di espungere dalla piattaforma alcuni temi (le critiche alla Nato, il no all’invio di armi letali sul fronte ucraino) pur di allargare la partecipazione. Poi, di fronte al ritiro dei vertici della Cisl, è stato lo stesso segretario generale Maurizio Landini a ribadire l’importanza di quei contenuti. «Non è con l’invio delle armi – dice Landini – ma con il negoziato, la diplomazia, la cooperazione, la forza della democrazia e della non violenza che riusciremo a costruire l’Europa di pace e consentire al popolo ucraino e al popolo russo di vivere in libertà e senza oppressori».

Di fronte al paesaggio devastante dell’invasione russa in Ucraina, e davanti a uno scenario incerto e pieno di variabili, evidentemente le diverse anime che si battono contro la guerra provano a riaprire spazio pubblico di umanità e solidarietà tra i popoli che non passi per gli eserciti e ritagliarsi le condizioni per ragionare sulle cause di questa situazione. Per questo, dal palco di piazza San Giovanni si avvicenderanno gli interventi di chi ha conosciuto da vicino le guerre degli ultimi anni.

Sono annunciati la co-portavoce dell’Iraqi Social Forum Batool Karim, Silvia Maraone a nome dell’Istituto pace sviluppo innovazione delle Acli attivo nei Balcani, la rifugiata siriana Yasmine Azeem, il Casco Bianco in Ucraina per Ibo Italia socio Focsiv Amos Basile, la studentessa e pittrice palestinese di Gaza Malak Mattar e due donne afghane della Fondazione Pangea. Verrà poi divulgato un messaggio delle organizzazioni di madri di soldati russi, ucraini e bielorussi contro l’arruolamento. E ci sarà Beatrice Fihn, direttrice esecutiva della Campagna internazionale per l’abolizione degli armamenti nucleari, che nel 2017 ha ricevuto il Nobel per la Pace.

Infine, i primi, prossimi appuntamenti: domenica davanti alla base Nato di Ghedi, l’8 marzo con Non Una di Meno la giornata transfemminista e pacifista, il 14 per un’assemblea all’università La Sapienza di Roma.