La «Buona Scuola», la riforma con la quale Renzi si è giocato il consenso degli insegnanti, è stata circonfusa anche dalle promesse di intervenire sull’edilizia scolastica più malmessa d’Europa. Mirabolanti cifre hanno accompagnato la via crucis dell’ex premier che, in quel tempo lontano quando cavalcava la sua tigre di carta a Palazzo Chigi, parlava di «rammendare» edifici costruiti per il 60% prima del 1976 con una spesa, fantasiosa, pari a 9 miliardi di euro. Quello era il tempo in cui l’architetto Renzo Piano fu chiamato a operare per il progetto «Scuole belle». E vennero anche le promesse di avviare l’anagrafe scolastica, uno strumento annunciato da qualche decennio, sempre sul punto di arrivare, ma mai giunto allo stesso binario dei treni che l’attuale segretario del Pd ha ripreso a prendere nella sua campagna elettorale permanente.

Il diciottesimo rapporto Ecosistema Scuola, presentato ieri a Roma da Legambiente, conferma una certezza: dalle aule dovranno passare altre cinque generazioni di studenti, pari a 113 anni, prima che tutte le scuole siano messe in sicurezza. Considerati solo gli ultimi quattro anni, sostanzialmente riconducibili nel bene e soprattutto nel male, a Renzi si scopre che siamo stati sommersi da chiacchiere. Solo il 3,5% degli interventi ha riguardato l’adeguamento sismico delle aree a rischio: ben 532 interventi per 15.055 edifici, il 41% del totale che si trova in zona sismica 1 e 2, a rischio di terremoti fortissimi o forti. Il 43% di questi edifici risale a prima dell’1976, ovvero prima dell’entrata in vigore della normativa antisismica varata solo dopo la catastrofe che devastò il Friuli. Solo il 12,3% delle scuole presenti in queste aree risulta progettato o adeguato successivamente alle tecniche di costruzione antisismica. In fondo, gli interventi promessi da Renzi erano solo «estetici». Si doveva spazzare la polvere sotto il tappeto, rammendare le scuole come le periferie, certo non intervenire in maniera strutturale. Una visione di questa complessità è estranea al post-modernismo chiacchierone della «renzinomics».

Ma si può fare di più. Ad esempio, a Messina. Una città, com’è noto, non estranea a eventi tragici nel corso della storia contemporanea di questo paese. Su 115 edifici scolastici, 96 sono stati costruiti prima del 1976. Negli ultimi quattro anni sono stati eseguiti 18 interventi. Grazie alla spinta impressa dai progetti di Renzi, la messa in sicurezza avverrà tra 150 anni. Ben 37 anni dopo la media nazionale. Ma Messina non è sola. Prendiamo Roma, dove al Virgilio è crollato un solaio, e gli studenti hanno occupato perché, giustamente, vogliono vivere tranquilli a scuola, negli intervalli che le 200 ore di alternanza scuola lavoro lascerà liberi per lo studio. Anche la Capitale impiegherà 150 anni per realizzare l’adeguamento energetico degli edifici scolastici. Già nel 2014 risultavano aver bisogno di manutenzione urgente (nel 36% dei casi) e che dall’efficientamento energetico potrebbe beneficiare sia in termini di benessere che di risparmio economico. Anche per questo Roma è chiamata la «città eterna». C’è tutto il tempo.