Come si fa a parlare di «terrorismo psicopatico» a commento della strage di Monaco? Come si fa a parlare di «Quei giovani psicotici e il delirio terroristico» a commento della strage di Nizza e dell’aggressione di Gaukkonigshofen? E come si fa a tramutare il disturbo mentale, che è una sofferenza, in pericolosità e violenza distruttiva, che sono il frutto avvelenato della politica dell’odio?

Purtroppo lo si fa e lo teorizza Massimo Recalcati. Lo psicanalista lacaniano non si interroga sulla complessità del mondo postmoderno e sull’intreccio di forme arcaiche e di reti tecnologiche, preferisce parlare di psicosi e di farne la spiegazione dei mali odierni. Su la Repubblica di venerdì 22 luglio scrive, a proposito dei due distinti e diversi episodi di Nizza e Gaukkonigshofen, che entrambi «Sembrano scaturire dai fantasmi più oscuri della mente psicotica. Le scene stesse degli attentati assomigliano sempre più a vere e proprie allucinazioni». Non soddisfatto, sempre sullo stesso quotidiano di domenica 24 luglio, riscrive sulla strage di Monaco: «È la follia, il passaggio all’atto chiaramente psicotico, la psicopatologia di coloro che hanno compiuto gli ultimi attentati». Recalcati ricorrere a improprie citazioni dei padri della psicoanalisi e della psicologia per avallare le sue assurde teorie.

Infatti, non spiega minimamente quale relazione causale, ammesso il caso che ce ne fosse una, potrebbe legare il disturbo depressivo, psicotico o il bullismo a comportamenti stragisti. Le moderne conoscenze scientifiche ci dicono che non esiste alcun nesso deterministico tra i disturbi mentali e la violenza o il terrorismo. Gli articoli di Recalcati, all’opposto, negano queste moderne evidenze della psicopatologia e della clinica psichiatrica. Restiamo stupiti per tanta arbitrarietà, per la deformazione dei tragici fatti avvenuti a Nizza, a Gaukkonigshofen e a Monaco.

La corretta informazione sulle stragi di questi tristi giorni, permette di cogliere quanto sia complicata la storia personale degli autori e come siano intricate la motivazione e le finalità dei loro atti. Giustamente, le autorità della polizia e della magistratura di Francia e Germania sono caute, prima di pronunciarsi vogliono indagare i fatti in tutti i loro aspetti e dettagli. Recalcati non ha dubbi, da una immediata e superficiale conoscenza dei fatti desume che la matrice è la psicosi degli autori. E non si preoccupa che così alimenta nel lettore, senza strumenti critici, la paura e lo stigma verso la persona con disturbo mentale. Per evitare questi effetti, non si dovrebbe dare spazio e credibilità a chi vuole rivalutare il triste paradigma della psichiatria manicomiale, che identificava la «malattia mentale con la pericolosità a sé e agli altri».

È evidente che i fatti tragici di Nizza, Gaukkonigshofen e di Monaco non possono essere accomunabili da un’unica ragione, tantomeno clinica. Di qui la preoccupazione per le analisi di Recalcati e di chi piega i fatti reali del terrorismo politico a improprie categorie di diagnosi psichiatrica. Troppo semplice, troppo facile per essere vero. Sarebbe meglio saper riflettere sulla drammatica realtà dei conflitti a livello globale e dei fatti di terrorismo politico o di violenza sociale a livello locale.

Abbiamo bisogno che le nuove conoscenze scientifiche diventino sempre più sapere diffuso, perché occorre vincere e non alimentare la cultura della paura, del pregiudizio e dello stigma.
* professore di Psichiatria dell’Università di Bologna