Il cinema laboratorio di Alberto Grifi di Annamaria Licciardello, ed. Falsopiano dicembre 2017 (già recensito sulle pagine di questo giornale da Bruno Di Marino) è stato presentato la scorsa settimana a Torino in contemporanea con la proiezione dei due film di Grifi A proposito degli effetti speciali e In viaggio con Patrizia. Questi stessi due titoli verranno proiettati oggi pomeriggio alle ore 18 al cinema Aquila di Roma. Annamaria Licciardello, archivista e curatrice all’Archivio Nazionale Cinema Impresa di Ivrea, soprannominata dallo stesso Grifi «il mio hard disk esterno», è comunemente considerata la più attenta conoscitrice dell’autore di cui continua a promuovere restauri, rassegne e dibattiti e a seguire le sorti dell’archivio, insieme a Ivan Grifi e Luciano Longo dell’Associazione Culturale Alberto Grifi.
Questo suo interessantissimo libro ha avuto una lunga gestazione prima di raggiungere una forma compiuta, il primo embrione nasce nel 2000 sotto forma di tesi di dottorato che, per poter giungere a compimento, diventa la chiave d’accesso all’archivio e, conseguentemente, all’universo Grifi che in esso è racchiuso. Una immane pila di scatoloni, tutti contrassegnati da scritte e rimandi, che Alberto, unico capace di riconoscerne il contenuto analogicamente assemblato, si è gelosamente trascinato dietro per tutta la vita.
FATICHE
La dottoranda Licciardello è velocemente diventata l’amica e collaboratrice Annamaria che si è prestata, generosamente, ad ogni tipo di fatica, fisica e psicofisica (ricordo la parete di pizze di pellicole cinematografiche che riempivano, impilate fino al soffitto, la ex-porcilaia di Santa Cornelia, da catalogare e spedire alla cineteca di Bologna) che entrare nella «grifeide»richiedeva. Da questa intensa frequentazione, da questa affinità elettiva nasce questo bellissimo libro di cui Adriano Aprà scrive nella prefazione «…è nota la difficoltà che pone il cinema sperimentale a chi voglia analizzarlo. Cadono tutte le formule adottabili nel caso del cinema narrativo e anche di quello documentaristico. I termini lessicali di cui i critici si servono non hanno più senso. Eppure questo testo di Annamaria Licciardello ci riesce, proprio perché parte dall’esterno per penetrare nell’interno, perché ci dà il contesto culturale delle opere di Grifi , quello archivistico, e infine si cimenta col testo dei singoli film» e continua «…è un libro attuale , un intervento militante e appassionato – due cose oggi rare – di politica culturale, perché esce nel momento in cui un neosperimentalismo “fuorinorma”, sia nel campo del cinema narrativo che in quello documentaristico fa sentire con forza la propria voce fuori dal contesto dell’industria cinematografica italiana (…) Grifi e chi lo circondava avevano previsto tutto questo, loro sono stati i pionieri: Grifi è il nostro Griffith».
DETTAGLI
Approfittiamo della coincidenza con le proiezioni di oggi pomeriggio al Cinema Aquila per estrapolare due pezzi dal libro, il primo su in In viaggio con Patrizia : «Le immagini del corpo addormentato di Patrizia , accarezzato dalle panoramiche, i primi piani e i dettagli insistiti, ripetuti, prolungati, trasformano il tempo lento e modulato a scatti del passo uno in un tentativo di fermare (il tempo de) l’immagine della donna amata. Il film si rivela quindi come atto d’amore, vive del dialogo tra le immagini e il sonoro, un dialogo tra i due “mondi” dei protagonisti , la parola per Vicinelli e l’immagine per Grifi, mediati dalla materialità del corpo e della voce. Nella prima parte del film il racconto che Patrizia fa del suo sogno, intercalato dalle domande di Grifi, da un lato ci immerge nell’intimità del loro vissuto, delle loro voci addormentate; dall’altro ci rivela un elemento fondamentale del fare poetico della Vicinelli: la componente onirica come emersione dell’inconscio, di fatti, immagini, parole, altrimenti rimossi. La registrazione al magnetofono dei sogni al risveglio era infatti una loro abitudine. È una tecnica di chiara matrice surrealista in cui il sogno entra e arricchisce la vita “cosciente”».
Il secondo pezzo è su A proposito degli effetti speciali: «Grifi torna alla sua produzione degli anni sessanta in cui usa gli effetti ottici e lo fa omaggiando uno dei suoi numi tutelari: Man Ray. Anzi nella prospettiva sincretica e personale della propria formazione ripropone una linea di influenza, una sua speciale trinità, che da Man Ray porta a Aldo Braibanti e da qui indietro verso Van Gogh. Grifi narra in campo riflesso in uno dei suoi specchi deformanti, che fa del suo volto una maschera buffa e caricaturale, l’origine e le modalità della sua sperimentazione…»