La Repubblica ceca nei giorni scorsi non è stata scossa soltanto dalle alluvioni che hanno colpito la Boemia e la capitale Praga. Con l’arrivo di maggio si sono infatti riaccesi le passioni di intolleranza e di odio razziale, che periodicamente attraversano la società ceca.

Risse all’ombra di Casanova

In questi anni sono infatti diventati più numerosi i casi di forte tensione all’interno di comunità locali, dove i rom e cechi entrano in diretto contatto. E un ruolo infausto viene giocato anche dai media, che stabilmente prestano un eco inusitata a banali controversie. Ormai il catalizzatore preferito di questi sentimenti sono diventate le risse di gruppo, che vengono periodicamente sbattute in prima pagina soprattutto dai rotocalchi e quotidiani gossip, i più venduti nel paese, e che sono diventate talmente habitué del giornalismo ceco, che casi falsi di aggressione da parte dei rom vengono riportati per mesi nonostante gravi e palesi dubbi sulla veridicità delle testimonianze dei presunti aggrediti.

Per ultimo i riflettori dei media cechi si sono accesi su Duchcov, una storica cittadina del nord della Boemia, nota nel mondo in quanto fu l’ultimo luogo di residenza del famoso intellettuale veneziano Giacomo Casanova, sepolto nel cimitero cittadino. Già in passato si sono verificati nella città dei problemi di convivenza, che tuttavia sono rimasti irrisolti anche per lo scarso spirito d’iniziativa del municipio. L’episodio che ha fatto accendere l’incendio si è verificato in una notte di metà maggio, quando è degenerato un banale litigio da bar tra una coppia di cechi e una famiglia rom. Dopo diversi minuti di reciproci insulti verbali e fisici la situazione precipita e la coppia viene picchiata. Il tutto viene registrato su una delle telecamere della polizia municipale, mentre l’agente in servizio, che si trova rintanato nella stazione a poche decine di metri dalla rissa, lascia correre e non tenta nemmeno di chiamare i rinforzi.

Nei primi giorni la polizia conduce le sue indagini sul gruppo degli aggressori senza grande attenzione dei media, derubricando il caso a una semplice rissa, che non è affatto cosa rara nel nord Boemia. Alcuni giorni dopo tuttavia il filmato della telecamera di servizio viene caricato su un portale web di orientamento neonazista che lo presenta come la testimonianza di «un’aggressione premeditata dei rom contro i bianchi». Un’interpretazione assolutamente arbitraria e in linea con il pensiero propagandato negli ultimi anni dai neonazisti, secondo cui i rom colerebbero un «sentimento di razzismo verso i cechi». Il filmato, passata ormai più di una settimana dall’aggressione, viene quindi ripreso anche con l’interpretazione data dal server neonazista da numerosi altri media mainstream, scatenando forti tensioni in città, che sfociano in una manifestazione contro l’aggressività dei Rom con la partecipazione di circa un migliaio di persone sulle 9 mila residenti in città.

Media complici e pigri

Il dato più allarmante della vicenda di Duchcov tuttavia non sono né i numeri della manifestazione securitaria né la rabbia impregnata d’odio razziale espressa da una buona parte della comunità. Il caso Duchcov è invece emblematico e inquietante per la facilità e la rapidità con cui l’interpretazione data del video dai neonazisti sia diventato senso comune della maggioranza degli abitanti e di molti media locali e nazionali. Sebbene i gruppi di estrema destra siano riusciti negli ultimi anni a produrre con successo queste azioni egemoniche a livello locale, per ora ogni fallimento di costituzione di un partito di estrema destra forte a livello nazionale è fallito su tutta la linea. La trasformazione di una banale rissa in un affaire di rilievo sociale e politico interroga anche il ruolo dei media, che spesso danno un’ampiezza non proporzionata al fatto accaduto, sottolineando l’etnia degli aggressori, nel caso che questi siano rom. «Sulla base dei colloqui che ho avuto con molti giornalisti, che producono questo tipo di scoop, mi sono fatta un’idea concreta sul lavoro redazionale di molti giornali cechi – dice Sasa Uhlova, editor del quotidiano telematico di sinistra Denik Referendum – nelle redazioni non c’è tempo di andare al fondo dei problemi e così il redattore di turno scrive un pezzo basato su una sola testimonianza o soltanto su informazioni ottenute da terzi, l’editor ci mette un titolo che vende, e lo scoop è bello e fatto», aggiunge l’Uhlova.
Da questa prospettiva, il razzismo è senz’altro un sentimento diffuso negli strati popolari, duramente provati da una crisi che nel nord Boemia viene da lontano. Una crisi in primo luogo economica, con uno dei più alti tassi di disoccupazione della Repubblica ceca, ma anche ecologica, dovuta alla sfruttamento intensivo delle miniere di carbone, e culturale, visto che queste terre sono l’emblema dello sradicamento dovuto all’esodo dei tedeschi e al trapianto di nuove popolazioni, avvenuto soltanto poche decine di anni fa.

Osservandolo da Duchcov, il razzismo diventa anche una passione mobilizzata dall’alto, come ebbe a scrivere alcuni anni fa Jacques Ranciére sulle pagine di questo giornale. Una passione agitata e mobilizzata da élites culturali precarie, in cerca ossessiva del titolo strappa lacrime o esplosione di rabbia, della storia forte costruita con poco. E perciò i media cechi fanno spesso sponda ai peggiori istinti diffusi nella società non certo per un radicato senso del razzismo quanto per il bene delle casse dell’editore. Il razzismo, infatti, è una merce che vende bene in Repubblica ceca.