Quasi trent’anni dopo il «sacro prato» di Pontida registra trionfalmente la mutazione genetica della Lega. Non è più il Carroccio di Bossi ispirato al giuramento del 1167 contro Federico Barbarossa. E nemmeno la Padania pronta alla secessione, al federalismo o almeno all’alternativa a «Roma ladrona». Ed è sparito il Nord dal simbolo che ispirava i «barbari sognanti» di Bobo Maroni, i sussidiari di Flavio Tosi e i riformisti di Roberto Cota.

La Lega – per altro concepita, in origine, come Liga Veneta a Recoaro Terme nel 1979 – oggi è quella di Salvini Premier, con il blu al posto del verde, uno statuto personalizzato e tessere graficamente diverse. Perfino con l’ombra di Vladimir Putin che si allunga fin dentro il Viminale, in base all’«Accordo sulla cooperazione e collaborazione» sottoscritto nella primavera 2017 fra Salvini e Sergey Zheleznyak, vicesegretario per le relazioni internazionali di Russia Unita.

MA OGGI A PONTIDA SI CELEBRA a furor di popolo la potenza elettorale del «partito italiano». La Lega di governo calamita nel borgo bergamasco il governatore della Sicilia Nello Musumeci e quello del Molise Donato Toma, i fedelissimi di Domenico Furgiuele eletto deputato in Calabria e i «Noi con Salvini» sparsi fra Roma, Toscana e Marche. Previsti un assalto di militanti, una carovana infinita di bus, un esercito di giornalisti e tv di mezzo mondo.

Il presentatore dovrebbe essere ancora Daniele Belotti, che con il seggio a Montecitorio non è più segretario provinciale. Confermato il palco tubolare: 18 metri per 10 con il tetto alto 25. Ai piedi lo slogan vincente («Il buonsenso al governo»), al microfono cinque ministri (Giulia Bongiorno, Erika Stefani, Lorenzo Fontana, Gian Marco Centinaio, Marco Bussetti) più i governatori Massimiliano Fedriga, Attilio Fontana e Luca Zaia. Dall’alba si comincia a lavorare alle decine di gazebo, mentre sono pronti ben 70 fusti di birra da 58 litri per dissetare chi arriva dalla provinciale Briantea, dalla stazione o dai park più lontani.

Pontida 2018 batterà di certo il record delle 50 mila presenze tradizionali. Ma soprattutto consacrerà Salvini come leader sovrano, capace di riconquistare il governo dopo sette anni, annichilire Berlusconi e Meloni, metabolizzare l’accordo con Grillo&Casaleggio. Il nuovo vangelo secondo Matteo promette in autunno la conquista del Trentino Alto Adige e fra un anno lo sbarco in massa all’Europarlamento.

Del resto, ad arginare la Lega proprio a Pontida c’erano i musicisti e gli attivisti che il 16 giugno hanno replicato il Festival dell’Orgoglio Migrante e Antirazzista con il sostegno di Mario Balotelli, 99 Posse e Lo Stato sociale: «Spetta a noi tracciare nuove vie per sradicare immaginari di odio e razzismo, iniziando proprio dal luogo simbolo per l’abbattimento dei feticci leghisti: con la forza dell’orgoglio migrante, che nasce dal desiderio di libertà di chi non conosce confini, dalla volontà di costruire il proprio futuro senza negare quello dell’altro, dalla dignità di ribellarsi ad ogni sopruso».

OGGI SALVINI NON È PIÙ SOLO il Capitano (copyright del consulente Luca Morisi) o l’uomo della camicia bianca stirata da Elisa Isoardi. Dal palco di Pontida, incarnerà la leadership zarista sull’unico partito sopravvissuto alla Prima Repubblica e perfino sul governo Conte. Salvini da ministro dell’interno ha in mente un’Italia formato «ordine e pulizia», da vice premier la sfida aperta a Di Maio, da segretario della Lega i sondaggi che lo proiettano oltre il 30% dei voti.

Tuttavia, la trionfale passerella sul «sacro prato» non può annullare i problemi dietro le quinte. A cominciare dall’autonomia costituzionale che Veneto e Lombardia vogliono ottenere da palazzo Chigi, dopo averla invocata per via referendaria. Per finire con la vecchia guardia padana che continua a puntare l’indice su Roma più che su Bruxelles. Senza dimenticare un dettaglio tutt’altro che insignificante: il vero serbatoio elettorale e di consensi per Salvini rimane il Nord Est, dove la «ripresina» si sposa con la nostalgia della Dc.

LA LEGA LOMBARDA di via Bellerio, già orfana di Bossi, è un simulacro: il «partito dei commercialisti» e i «sudisti» hanno già archiviato il Carroccio in nome del populismo tricolore…