C’è una cosa che mette d’accordo tutti i candidati a sindaco di Perugia: l’impressione che oggi l’affluenza sarà bassa.

Un’impressione di cui nessuno parla apertamente ma che tutti mettono in conto e valutano in maniera diversa. Cinque anni fa, quando per la prima volta il capoluogo rosso dell’Umbria ha vissuto le emozioni di un ballottaggio, la fuga dai seggi (appena il 49% degli aventi diritto andò alle urne) portò alla clamorosa rimonta e al trionfo di Andrea Romizi, sostenuto da una coalizione di centrodestra.

E pensare che al primo turno l’uscente Wladimiro Boccali andò ad appena tre punti e mezzo dalla vittoria secca. I dati dicono che da quando c’è l’elezione diretta del sindaco, a Perugia si sono persi 20mila elettori, una discesa che era stata costante per vent’anni e che poi ha accelerato verso il basso nel 2014.

Adesso Romizi è il favorito, l’uomo da battere: in città non lo odiano (e questo è già parecchio, in un periodo storico in cui vincere due elezioni comunali di fila è praticamente un incidente statistico), il trend nazionale è molto favorevole alla destra e il centrosinistra è in crisi nera, aggravata dallo scandalo sanitario che ha portato alle dimissioni della governatrice Catiuscia Marini, la zarina dell’Appennino.

La settimana prima del voto è cominciata proprio così, con il suo addio definitivo, dopo aver respinto da sola le dimissioni che aveva presentato ad aprile, in seguito alla sua iscrizione nel registro degli indagati e con le pressioni anche pesanti del segretario Nicola Zingaretti.

Centrosinistra in difficoltà, dunque, e il candidato sindaco Giuliano Giubilei, pescato nella redazione del Tg3, è sì riconosciuto come «una brava persona», persino capace e affidabile, ma ha tutta l’aria di essere la solita figura di spessore tirata fuori più o meno all’ultimo momento, quando è chiaro a tutti che le possibilità di vincere sono poche e nessun dirigente vuole metterci la faccia. Tra l’altro, altro particolare da tenere in considerazione, il centrosinistra ha la metà dei candidati al consiglio del centrodestra: quattro liste contro otto.

Non sta tanto meglio il Movimento Cinque Stelle: alle elezioni locali i pentastellati sono sempre un’incognita, il risultato della differenza tra il peso del simbolo e le poche preferenze delle liste. Tra l’altro, la candidata Francesca Tizi è stata scelta con un colpo di mano da Luigi Di Maio in persona, passando sopra la volontà della sezione locale, che avrebbe preferito la capogruppo in consiglio Cristina Rosetti. C’è malumore, anche perché la decisione calata dall’alto è stata vissuta come una specie di tradimento e Tizi viene ricordata tra i sostenitori del centrodestra di Romizi nel 2014.

A sinistra, intanto, si spera in un buon risultato. La candidata della lista «Perugia Città in Comune» è Katia Bellillo, già ministra degli Affari Regionali durante il governo D’Alema e fuori dai giochi da un decennio, prima di essere richiamata in servizio attivo per la campagna elettorale. L’avventura si fa notare anche per un altro dettaglio non scontato, in lista ci sono tutte le anime dell’arcipelago della sinistra: Sinistra Italiana, Rifondazione, Possibile e persino il Partito Comunista.

I risultati arriveranno domani sera e non tutti danno per scontato che ci sarà un ballottaggio. Soprattutto nel centrodestra c’è chi spera di fare il colpaccio già al primo turno. Un desiderio che però sembra fare a botte con l’aritmetica: 10 candidati, 22 liste, 631 aspiranti consiglieri, uno ogni 195 elettori. Nel momento in cui tutti sembrano essersi stufati della politica, cresce il numero di quelli che vorrebbero diventare politici.