Da oggi pomeriggio a domenica  a Ferrara la coreografia contemporanea abita con sguardo inedito alcuni dei giardini più belli della città. Accade con Interno Verde, manifestazione dedicata agli amanti della natura e del bello che per la prima volta si apre alla danza grazie all’iniziativa e alla collaborazione con La Fondazione Teatro Comunale di Ferrara nella nuova direzione artistica di Marcello Corvino. Tre giorni di eventi site specific, che anche costituiscono la prima parte del Festival di Danza Contemporanea 2021 del Teatro Comunale, in programma al chiuso dall’8 ottobre. Ma veniamo a questo weekend. Ad alternarsi in Interno Verde Danza a rotazione per più performance al giorno, sono la Fondazione Nazionale della Danza / Aterballetto, la compagnia Sanpapié e CollettivO CineticO. Si parte dal Chiostro di San Paolo, ex convento, con Aterballetto che presenta oggi pomeriggio in prima nazionale Eppur si muove di Francesca Lattuada interpretato da due danzatori su barili-piedistallo sull’Allegretto di Beethoven. Accanto, in un chiostro più piccolo, sempre la compagnia di Reggio Emilia gioca sulla plasticità dei corpi con A poetry abstraction, a firma questo volta di Diego Tortelli.

Una coreografia da Paradiso di Virgilio Sieni, foto di Renato Esposito

NEL CASTELLO di Fossadalbero, anche qui a ripetizione per tre giorni alle 15, 16.30 e 18.00, Laura Guidetti presenta con Sanpapié A[1]bit-Ferrara, esperienza visiva e sensoriale (il pubblico ascolterà la musica con una cuffia silent-disco) tra danza, suono e natura. Più appuntamenti anche per CollettivO CineticO (l’ultimo è alle 19.00, domani e dopo anche alle 10.30) con l’ipnotico Dialogo Terzo: In a Landscape firmato per il collettivo di Francesca Pennini da Alessandro Sciarroni, Leone d’oro della Biennale Danza di Venezia 2019. Performance con hula-hoop su musica di John Cage nel parco privato della cinquecentesca Villa Imoletta a Quartesana. Ed ecco la seconda parte del festival. Le porte del Teatro si riaprono l’8 ottobre con l’arrivo dello spettacolo Hands do not Touch your precious me, prima italiana del coreografo fiammingo Wim Vandekeybus, che doveva già arrivare a Ferrara come prima mondiale esattamente un anno fa, bloccata dalla pandemia. Un affondo nel mito antico della dea Inanna, un viaggio focoso negli inferi che racconta con una danza trasformista e fisica un percorso di rinascita. Lo spettacolo è frutto della collaborazione tra Vandekeybus, l’artista visivo e performer Olivier de Sagazan, noto per le trasformazioni di sé con l’argilla, e la compositrice elettroacustica Charo Calvo, ex danzatrice di Ultima Vez. Vandekeybus porta a Ferrara anche un secondo spettacolo: Traces, in scena il 10 ottobre, ispirato a una delle foreste più incredibili d’Europa, in Romania, per interrogarsi sul rapporto tra civiltà e natura. Il festival prosegue il 12 ottobre con la più recente tappa del progetto RIC.CI sul repertorio della coreografia contemporanea (nonché del teatro d’avanguardia) degli anni Settanta / Ottanta curato dal critico Marinella Guatterini, già alla svolta dei dieci anni. Questa volta in scena La Gaia Scienza. La rivolta degli oggetti, storico pezzo di Giorgio Barberio Corsetti da Vladimir Majakovskij riallestito da Fattore K.

DUE GLI APPUNTAMENTI con la Compagnia Virgilio Sieni: il 21 ottobre è di scena Danza cieca, in cui Sieni dialoga in un duetto tattile con il danzatore non vedente Giuseppe Comuniello, il 23 in arrivo Paradiso, rilettura contemporanea che da Dante non mira a traduzioni testuali, ma alla visione di una soglia sospesa e della creazione di un giardino dove ritrovare il gesto dell’amore. Si chiude il 6 novembre con il ritorno in Italia di una delle coppie artistiche che negli ultimi decenni ha scritto con più tenacia e bellezza il repertorio contemporaneo, Emio Greco e Pieter Scholten, basti pensare al loro lavoro a più tappe firmato in Olanda sulla Divina Commedia, e ai graffianti titoli firmati con il Ballet National de Marseille. Il loro ICK Dans Amsterdam propone in prima nazionale Blasphemy Rhapsody, un lavoro sulla perseveranza che accosta curiosamente charleston e pizzica, uno spettacolo che ha avuto la sua crescita durante la pandemia «con lunghe sessioni zoom, anche di cinque, sette ore» racconta Greco, «muovendoci tra le incertezze, sottoponendoci al ritmo, alla gioia, alla tragedia, una danza che rispecchia il modo in cui abbiamo vissuto la comunità», un rito del nostro tempo, tutto da scoprire.