Il castello di Civitella Ranieri, situato in cima ad una collina che lo lega alla cittadina di Umbertide, è un suggestivo complesso militare rinascimentale ricostruito nel XV secolo. Dal 1995 è diventato la sede della prestigiosa Civitella Ranieri Foundation (diretta dal 2007 da Dana Prescott), consacrata a una programmazione di residenze per artisti visivi, compositori e scrittori che trascorrono sei settimane (senza obblighi di produzione) per lo studio e la ricerca. Artisti come Allora & Calzadilla, William Kentridge, Carlos Garaicoa, Dan Perjovschi, Mark Dion, Uriel Orlow, Marjeetica Potrc e Marta Rosler; registi come Atom Egoyan e scrittori come Amitav Ghosh e Kate Tempest sono stati, tra gli altri, gli illustri ospiti .

LA MOSTRA Casting the Castle (fino al 20 luglio), curata da Saverio Verini, dischiude le porte del castello al pubblico e mostra, in parte, una selezione di lavori che gli artisti hanno lasciato come traccia del loro soggiorno. Così, disseminate sia negli spazi interni che nel giardino, le opere, poliedriche ed eclettiche fra loro, spingono ad un percorso esplorativo in cui l’arte si metamorfizza all’architettura dei vari saloni e sottolinea la contiguità con il vissuto. Sono infatti delle opere-dono, affettive e intime, quelle che ridestano il passaggio di William Kentridge, Joep van Lieshout, Mark Dion, Dan Perjovschi, Carl D’Alvia, El Anatsui, Ernesto Ballesteros, Stephen Doyle, Roberto Fassone, Loredana Longo, Taus Makhacheva, Guilherme Neumann, Pat Oleszko, Ward Shelley e Wu Wing Yee.

IL RACCORDO BISLACCO tra passato e presente viene invece azionato dalla passeggiata performatica di Roberto Fassone (Savigliano 1986). L’artista non è nuovo a queste pratiche di interazione collettiva tra autore e pubblico che spinge a un esercizio riflessivo straniante del luogo in cui, di volta in volta interviene, come nel Naturhistorisches Museum Bern, nel Mocak di Cracovia. O in Italia, al Mambo di Bologna, Mart di Rovereto e presso le Ogr di Torino.

CIRCUMNAVIGARE i meccanismi che tramutano l’oggetto in opera è ciò che Fassone persegue costantemente attraverso una metodologia che affonda nei processi e strategie  di produzione artistica. Una indagine dunque sull’agire creativo che gli consente di produrre uno spostamento critico nel fruitore.

Attraverso lo scarto tra vero e verosimile, spesso mediato da un humour sarcastico, Fassone invera opere e performance che tendono a convertire il senso in nonsense, ad alienare il significato dal significante, a delegittimare comportamenti e credenze collettive diffuse (leggende, superstizioni, tabù, pregiudizi) per accedere a nuove letture e interpretazioni della realtà.

LA PERFORMANCE Una di queste storie è vera (Castello di Civitella Ranieri) parte dall’esperienza che ha realizzato nell’ottobre del 2017, presso la Collezione Giuseppe Iannaccone di Milano, dove l’artista aveva guidato un tour dello studio dal titolo Una di queste storie è vera (Collezione Giuseppe Iannaccone). A Civitella, nel giorno inaugurale, una inappuntabile guida, tale Glotto Fortebraccio, ha trascinato i visitatori in un peregrinaggio spesso esilarante, cooptato da una strabica narrazione intessuta da improvvise interferenze fisiche (trampoliere) e musicali (Kings of Leon) e da détournement logici che rinviano alla storia del castello stesso, popolata da figure reali o immaginarie.

È QUI CHE SI ATTIVA l’immaginazione dello spettatore, che vacilla tra incredulità e fiducia e che viene condotto verso una surrealtà che mette in crisi il concetto di vero e di falso. La performance, come l’artista ci racconta, è impostata su pratiche di ideazione e realizzazione sistematiche e cadenzate nell’osservazione e nello studio del luogo prima di tutto. Nella ricerca degli elementi potenzialmente surreali carpiti in esso poi e, infine, nella stesura e nella interiorizzazione dello script della storia da raccontare. Elementi che si intrecciano alla creazione di un suo alter-ego che funge da narratore e ai ricorsi all’anti-humor dello showman Andy Kaufman.