La sindaca di Parigi, Anne Hidalgo, sabato scorso ha dedicato un giardino, nel XVII arrondissement, a Solitude, una «mulatta» (così è descritta negli scritti che le evocano) che aveva lottato nella resistenza contro il ritorno della schiavitù in Guadalupa imposto da Napoleone, otto anni dopo l’abolizione del 1794. Arrestata e condannata a morte, Solitude, incinta, fu impiccata il giorno dopo il parto, nel 1802.

LA PROMESSA è che nel giardino sorgerà anche una statua per ricordare la sua figura (ne ha già due, una in Guadalupa, l’altra a Bayeux). Per Parigi, sarà la prima statua dedicata a una donna nera. In città, circa un migliaio di statue ritraggono soprattutto uomini bianchi. Quelle femminili, a parte i monumenti che simboleggiano dei valori, sono una quarantina (tra cui cinque di Jeanne d’Arc, due di Sainte-Geneviève e c’è persino Dalida), ma nessuna rende omaggio a una donna black. Solitude dovrebbe prendere il posto del monumento al generale Dumas, un mulatto, padre dello scrittore Alexandre, primo militare francese di alto grado di origine antillese.

L’EFFIGIE DI SOLITUDE è l’ultimo episodio della guerra delle statue iniziata negli Usa e proseguita in Gran Bretagna. A Richmond in Virginia è stata abbattuta quella di Robert Lee, a Bristol in Gran Bretagna è caduto giù il commerciante negriero Edward Colson. In Francia, la polemica si è focalizzata su Jean-Baptiste Colbert, controllore generale delle Finanze sotto Luigi XIV, ancora oggi evocato per il «colberismo», variante francese del mercantilismo che esalta la grandeur dello stato in economia. Colbert è responsabile anche del Code noir, inquadramento giuridico della schiavitù. Di fronte all’Assemblée nationale troneggia una grande statua di Colbert, che negli ultimi mesi è stata presa di mira – c’è stato anche un arresto, un uomo preso in flagrante mentre faceva tag sul monumento, accusato di glorificare lo schiavismo.

A FORT-DE-FRANCE, in Martinica, il 22 maggio scorso è stato cancellato il «ricordo» di Victor Schoelcher, promotore dell’abolizione della schiavitù nel 1848: la giustificazione del gruppo di nazionalisti che ha compiuto l’atto è che la statua celebra un «bianco» e dimentica gli antillesi neri che hanno anch’essi lottato contro la schiavitù. Emmanuel Macron ha sbrigativamente cercato di chiudere il dibattito, dicendo che la Francia «non sbullona le statue» e che la storia è una e va presa nel suo insieme. Un ex primo ministro socialista, Jean-Marc Ayrault, ha invece invitato a «sbattezzare» le strade intitolate a Colbert, seguendo una vecchia richiesta del Cran (organizzazione di cittadini neri). Ma qualche anno fa, Christiane Taubira, che è antillese ed è stata ministra (e pure candidata alla presidenza della Repubblica nel 2002), aveva definito «semplicistico» questo tipo di prese di posizione.
Intanto nei musei, in particolare al Quai Branly, prosegue il dibattito sulla restituzione delle opere d’arte africane, asiatiche e aborigene australiane.