Non c’è tre senza (almeno) quattro. Nella storia dei governi della Repubblica italiana, il terzo incarico segna il confine tra i ventidue presidenti del Consiglio che hanno ricoperto il mandato per una o due volte – Giuseppe Conte, fino a qui, compreso – e i «magnifici sei» (si fa per dire), cioè i sei ovviamente uomini che sono tornati alla guida del governo per quattro, cinque, sei o sette volte. Nessuno è stato a palazzo Chigi (da sessant’anni la sede della presidenza del Consiglio) per tre volte e poi basta. Chissà se Conte ci ha già fatto caso (e Di Maio e Zingaretti? L’hanno notato?). O due volte alla guida del governo o almeno quattro.

Politici di primissimo piano, che hanno segnato epoche, non sono andati oltre il secondo incarico alla guida del governo. È stato così per esempio per gli unici tre presidenti – Antonio Segni, Giovanni Leone e Francesco Cossiga – che più avanti nelle loro carriere sono riusciti a fare il salto dalla presidenza del Consiglio al Quirinale. Come loro, ma senza Quirinale, si sono fermati a due mandati a palazzo Chigi Giovanni Spadolini, Bettino Craxi, Massimo D’Alema, Giuliano Amato e Romano Prodi. E tra loro solo gli ultimi due, Amato e Prodi, hanno guidato i loro due governi in due legislature diverse.

Giuseppe Conte potrebbe superarli, se davvero dovesse riuscire a presiedere il suo terzo governo nella stessa legislatura. Come prima di lui hanno già fatto Alcide De Gasperi tra il 1946 e il 1948, Amintore Fanfani tra il ’58 e il ‘63, Aldo Moro tra il ’63 e il ‘68, Mariano Rumor tra il ’68 e il ’70 e Giulio Andreotti tra il ’76 e il ’79.
Nessuno di loro però si è fermato a tre mandati. De Gasperi è arrivato a guidare sette governi nella Repubblica, uno dei quali non ottenne la fiducia, e il terzo fu il suo più breve (cento giorni). Fanfani sei governi, di cui due senza fiducia. Moro cinque come Rumor (anche per lui il terzo governo fu il più breve, di nuovo cento giorni), Andreotti sette governi di cui due senza fiducia.

Discorso a parte per Silvio Berlusconi che di esecutivi ne ha guidati quattro in tre legislature diverse. E sempre partendo da elezioni vinte come – di fatto, visto il nome sulla scheda – candidato presidente del Consiglio. Conte invece a palazzo Chigi c’è arrivato per caso. Ma adesso sgomita per restarci. E per la storia.