A pochi giorni dall’ingresso della protesta del Freedom Convoy canadese nella terza settimana – e dopo che lunedì il primo ministro Trudeau aveva invocato l’Emercency Act -, la polizia di Ottawa ha cominciato ad arrestare i manifestanti che ancora occupano la capitale. Nella giornata di ieri alcuni sono stati scortati via pacificamente dal campo allestito nei pressi del Parlamento, mentre altri sono stati portati via in manette dalla polizia, ora sotto la supervisione ad interim di un nuovo capo dopo le dimissioni di Peter Sloly, accusato di aver tardato nella reazione a quello che lui stesso aveva chiamato l’«assedio» di Ottawa.

Nei giorni scorsi, Trudeau aveva anche dato istruzioni agli istituti bancari canadesi, a compagnie d’investimento e a «chiunque sia in possesso o controlli le proprietà» dei manifestanti di congelare i loro conti finché non avessero interrotto l’occupazione della capitale e le barricate al confine con gli Usa. Proprio lungo uno di questi valichi, nella cittadina di Coutts, mercoledì la polizia ha sequestrato 13 fucili e delle pistole, oltre ad arrestare 4 manifestanti con legami con organizzazioni di estrema destra, incriminati del tentato omicidio di agenti delle forze dell’ordine.
Non è sfuggito a molti canadesi il “doppiopesismo” della polizia nei confronti dei manifestanti del Freedom Convoy – principalmente bianchi – e delle proteste indigene o guidate da neri: «Quando si tratta di manifestazioni indigene viene fatto un uso sproporzionato della forza – ha detto al Guardian il direttore del Yellowhead Institute Hayden King -, e non è infrequente osservare ricognizioni e cecchini sui tetti».