Non parlato più di dieci minuti Silvio Berlusconi, ma il suo discorso per il comizio conclusivo della campagna di Alfio Marchini – più che un comizio una kermesse di musica e avanspettacolo – suona come una investitura che va più in là delle elezioni romane.

Il voto di domani difficilmente porterà a Marchini il risultato che rincorre da tre anni, nonostante non abbia badato a spese in battage, dai cartelloni con la sua faccia sugli autobus e sui muri alle Api riadattate come salottini scoperti su tre ruote in bianco e bordó, con il cuore logo della lista, per diffondere volantini e fare propaganda per le strade della città. Berlusconi non è così sprovveduto da nascondersi che il suo «Alfio» non siederà nello scranno di sindaco. Non direbbe mai, come fa invece Marchini dal palco di Ostia, «è un momento difficile, tutti provano a metterci nell’angolo», riconoscendo a Berlusconi di aver scelto di stare al suo fianco, ma la difficoltà di rimettere in gioco un progetto di centrodestra senza farsi risucchiare da Matteo Salvini è presente anche nelle parole del Cavaliere, oltre che dalla scelta di essere lì, su quel palco della periferia romana, snobbando la sua Milano nella quale sarebbe stato solo il secondo attore, dietro la prima donna Salvini per la chiusura del candidato sindaco Parisi.

Silvio e Alfio, Alfio e Silvio. Con questa accoppiata, dice l’ex premier, «inizierà una nuova storia, non solo per Roma ma per tutta l’Italia» e attacca il governo «illegittimo e abusivo», sorretto dalla stampella degli ex senatori e deputati forzati, «i traditori» di Alfano e ora di Verdini. Interrompere la frana, è per questo che nel backstage, si affollano i big forzisti, da Gasparri a Renata Polverini, a Tajani.

L’evento-comizio inizia alle sei di pomeriggio e prosegue fino a notte, in una girandola di intrattenitori, a cominciare da una pompatissima Ivana Spagna che riesce a galvanizzare il mesto pubblico, soprattutto di anziani e famiglie, con i suoi successi disco-dance e poi, già che c’è, fa muovere le bandiere, ordina cori e gorgheggi collettivi. Marchini e Berlusconi si prendono la scena una ventina di minuti in tutto, si va avanti a forza di Mi machi con Fausto Leali al microfono, Pupo, e un improbabile presentatore che continua a inanellare gaffes, come quella su Alfio e Silvio che insieme fanno il pronome «il». Gli unici contenuti che potrebbero essere del programma li porta il comico locale, tal Maurizio Battista, che parla delle buche, incubo del popolo romano su due ruote «c’è un tratto liscio a San Giovanni che mi preoccupa», «a piazza Venezia ci sono cinque manti stradali diversi, amó, ho detto alla mia fidanzata, dove voi cascà oggi?», parla persino della stazione di Vigna Clara mai aperta «perché hanno scoperto che due treni insieme non ci passano», il comico. Molto più concreto degli oratori, incluso Davide Bordoni, il candidato al Consiglio comunale capitolino per il quale la manifestazione è stata organizzata a Ostia. Bordoni è di Ostia, è stato assessore al commercio, personalmente non raggiunto da nessun avviso di garanzia.

Sì, perché Ostia è l’unico quartiere – una città di 300 mila abitanti – che al voto non ci va: una sola scheda qui, solo per il Campidoglio. Per il municipio X si voterà nel 2017 o nel 2018, per ora c’è il commissario. E intanto la sera la malavita continua a sparare. Solo tre giorni fa a due passi da piazza Anco Marzio, con la rotonda e le gelaterie dov’è stato montato il palco, c’è stata una rissa con i coltelli per lo spaccio di droga. E’ una delle capitali di Mafia capitale e degli affari della camorra a Roma, solo che il suo centro pulsante era in questo caso l’ufficio tecnico municipale, che tutti chiamavano «porto delle nebbie», responsabile degli appalti, delle concessioni delle spiagge, delle licenze per costruire il muraglione che copre quasi del tutto la vista del mare dalla passeggiata e contro cui i comitati come Mare vivo e i radicali raccolgono le firme. Di questo però non si parla. Archiviata anche la polemica tra Libera e il locale M5S per l’affidamento di una spiaggia demaniale senza bando. La giunta Tassone, sciolta per mafia, era a guida Pd, ma quella precedente era di centrodestra.

Marchini senza nominare i 5 Stelle o Raggi se la prende con chi propone «pannolini degradabili o la decrescita felice, se credete che queste cose siano determinanti votate loro». Sotto il palco i notabili di Fi e della lista Marchini scambiano biglietti da visita. Il presentatore grida «siamo centomila», ma è una battuta: tra curiosi e attivisti, nonne sedute alla gelateria a godersi lo spettacolo gratuito, non si arriva a mille persone.